I 21 cristiani sgozzati da islamici sulla spiaggia libica

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I nomi, i volti, le storie, perché non siano ricordati solo come “un gruppo” ma con la loro identità, la loro giovinezza, la voglia di un futuro migliore. Sono i 21 copti che furono uccisi dall’Isis il 15 febbraio del 2015 su una spiaggia della Libia, dove si trovavano per lavoro.

La loro vicenda è raccontata nel libro di Martin Mosebach, “I 21. Viaggio nella terra dei martiri copti”, che ora arriva anche in Italia con l’editore Cantagalli.

Le immagini di quei giovani provenienti dall’Egitto e in Libia per lavorare, inginocchiati, con una tuta arancione, e con dietro i militanti dell’Isis pronti ad ucciderli, fece il giro del mondo:

Islamici sgozzano 21 cristiani rapiti in Libia – VIDEO CHOC

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E sarebbe dovuto essere un monito a respingere i barconi carichi di afroislamici. Che non vanno in Libia a lavorare, ma per imbarcarsi e venire ad invadere casa nostra.

“Sono andati a lavorare all’estero per sostenere le loro famiglie: uomini normali, padri di famiglia, uomini con l’illusione, il desiderio, di avere dei figli; uomini con la dignità dei lavoratori, che non solo cercano di avere pane a casa loro, ma di portarlo a casa con la dignità del lavoro. E questi uomini hanno dato testimonianza di Gesù Cristo. Sgozzati dalla brutalità dell’Isis – ricorda il Pontefice -, morivano dicendo: ‘Signore Gesù!’, confessando il nome di Gesù. È vero che c’è una tragedia, che questa gente ha lasciato la vita sulla spiaggia; ma è vero anche che la spiaggia è stata benedetta dal loro sangue”.

Vediamo di non benedire anche le nostre, di spiagge. Dovrebbe imparare una lezione, Bergoglio. E dire che sono stati gli islamici. Invece di tradire per tre volte. Ad ogni canto del gallo.

Le vittime erano in ginocchio davanti ai loro sicari con le tute arancioni. Vennero decapitati. Lo scrittore tedesco ha deciso allora di intraprendere un viaggio nell’Alto Egitto, da dove veniva la maggior parte di quei giovani, per cercare le loro storie, i loro familiari, e le origini di una fede che li ha portati a rivolgere le ultime parole a Cristo, come poi è stato rivelato leggendo il labiale di quei cristiani che affrontarono la morte sussurrando appunto una preghiera.

Mosebach ha cercato di conoscere le loro storie personali, a partire dalla loro fede, perché “oggi tendiamo a pensare che dietro ad ogni conflitto fra le religioni vi siano soprattutto motivi politici ed economici”. E invece per questi giovani egiziani la religione era “l’ultima e più alta realtà della vita”. Così come lo è per tutta la minoranza cristiana in Egitto. I 21 lavoratori, che erano emigrati per necessità economiche in Libia, “vivevano in un mondo nel quale da molti secoli essere cristiani non era qualcosa di ovvio”. Fare carriera, ma anche semplicemente studiare e trovare un lavoro dignitoso, non è semplice per i cristiani che vivono in uno dei più grandi Paesi musulmani. Ma la storia del cristianesimo in Egitto, dove, se pur minoranza, comunque i fedeli sono dieci-dodici milioni di persone, risale alle origini stesse di questa fede. E’ normale dunque essere praticanti, andare a Messa, pregare tutti i giorni, tatuarsi la croce sul dorso della mano o mettere al proprio figlio un nome cristiano. Pur sapendo quale corsa ad ostacoli sarà la vita.

E pensare che in Egitto i cristiani erano maggioranza fino alla grande migrazione arabo-subsahariana.

Le salme dei 21 copti, una volta trovate in Libia, furono riportate in Egitto e sono nel santuario sorto nel villaggio di al Awar (provincia egiziana di Minya) per essere ricordate. La Chiesa copto-ortodossa li ha infatti immediatamente riconosciuti come “martiri”. E il santuario è stato realizzato grazie anche alla collaborazione finanziaria delle autorità civili, per volere del presidente Al-Sisi. Un finanziamento eccezionale in quanto in Egitto la Chiesa cristiana è economicamente indipendente e non riceve normalmente aiuti dallo Stato. La memoria liturgica è stata celebrata qualche giorno fa, il 15 febbraio, e quest’anno alcune coppie di sposi hanno voluto sposarsi in questo giorno per rendere omaggio proprio a quei 21 martiri della fede.




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