Malattie sessualmente trasmissibili tornano in Italia con l’immigrazione
Secondo lo studio più recente sul tema, le principali cause di morte tra gli immigrati che arrivano in Europa sono la Tubercolosi e l’Aids.
Lo si può leggere nel rapporto sulla salute dei rifugiati e dei migranti nella regione europee stilato lo scorso anno dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Un malato su tre tra quelli che hanno la tbc è migrante o rifugiato, su un bacino che rappresenta invece 1 abitante su 10. Quindi con un’incidenza abnorme rispetto al numero di individui.
Il paese più interessato dalla tubercolosi è la Romania, retaggio di Ceausescu. Un problema grave per l’Italia, che importa, ogni anno, centinaia di migliaia di stagionali che vanno e vengono.
I richiedenti asilo e i migranti in arrivo da Paesi con un’alta prevalenza di tubercolosi sono a maggior rischio di sviluppare la malattia, a seconda della condizione vissuta nel loro Paese, durante il viaggio e delle condizioni di vita e di lavoro nel Paese ospitante. Ma l’avevano già prima di partire.
Una percentuale significativa dei rifugiati e migranti affetti da Hiv acquisisce l’infezione dopo essere giunta nel Paese di destinazione. Le infezioni da virus dell’epatite B e C sono più comuni tra i rifugiati e i migranti provenienti da paesi in cui il virus è endemico. Infine, le infezioni tropicali e parassitarie, rare in nella regione europea, possono essere riscontrate tra le popolazioni migranti provenienti da aree endemiche.
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Dello stesso tema si era parlato nel corso di un convegno: “Le malattie infettive del Migrante e del Viaggiatore”.
Organizzato dal professore Carlo Contini, direttore dell’Unità Operativa Complessa di malattie infettive universitarie di Unife, il convegno si focalizzava anche sugli aspetti epidemiologici e clinici delle nuove malattie infettive emergenti e riemergenti che hanno un impatto considerevole sulla salute pubblica.
“In Italia, negli ultimi vent’anni, la popolazione immigrata è cresciuta di quasi 20 volte, subendo, nell’ultimo decennio, un incremento pari a oltre il 150%, con rilevanti differenze tra le regioni – affermava Contini -. Al patrimonio di salute dell’immigrato che appariva giovane, forte, con maggiore stabilità psicologica e spirito d’iniziativa e quindi più sano (effetto migrante sano), si è contrapposto, al suo arrivo in Italia o in altri paesi ospitanti, un patrimonio che si sta dissolvendo sempre più rapidamente (effetto migrante esausto), per malessere psicologico, mancanza di lavoro e reddito, degrado abitativo, assenza di supporto familiare. La nuova organizzazione della vita conseguente al totale sradicamento dall’ambiente di origine e dalle proprie sicurezze è divenuta e diviene così ogni giorno fonte di stress e pericoli per la salute”.
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“In tale contesto le malattie infettive rappresentano un importante focus del fenomeno migratorio, anche se spesso identificano il migrante quale untore da bonificare e da cui difenderci. E’ innegabile che l’emergere di nuove patologie infettive e la ricomparsa di altre che sembravano destinate a ridursi o ad estinguersi, rappresentano argomenti attuali nella società in cui viviamo e sono quindi riportate all’attenzione in questa edizione del Convegno. Il rischio di contrarre la tubercolosi è pari a 10-15 volte in più tra gli immigrati rispetto alla popolazione italiana, per la fragilità sociale legata al processo migratorio e al paese ospitante, in cui l’incidenza è assai bassa e stabile (5-7 casi/100.000 abitanti). L’infezione da HIV/AIDS, evidenzia un costante e rapido aumento nel tempo dei casi notificati in stranieri, con un tasso di incidenza di quasi 4 volte superiore a quella italiana. A questa si aggiungono le altre malattie sessualmente trasmesse, facilitate anche dalle condizioni di sfruttamento sessuale cui sono sottoposte donne e uomini immigrati. La salute dei migranti è divenuta una delle sfide in Sanità Pubblica e riguarda la necessità di garantire percorsi di tutela a coloro che per vari motivi si trovano a vivere ai margini del sistema. Le caratteristiche interdisciplinari del convegno permetteranno ai partecipanti di interagire con tutte le professionalità presenti, stimolando la collaborazione e migliorando il network di assistenza”.
Ma forse bisognerebbe pensare a proteggere i cittadini tenendo lontano chi può infettarci. No?