Sono i migranti regolari. Quelli che ci stanno sostituendo. E anche se fossero tutti progrediti non andrebbe bene lo stesso. Ma neanche lo sono.
Picchiata per anni e minacciata di morte dal padre padrone, d’accordo con la madre, perché si vestiva all’occidentale e voleva la sua libertà. Avrebbe potuto essere un altro caso Saman Abbas, se la ragazza appena maggiorenne non si fosse allontanata dalla famiglia che temeva. Ora i genitori magrebini – il padre di 62 e la mamma 56 anni – sono stati rinviati a giudizio per maltrattamenti aggravati. La vicenda è emersa nell’agosto 2021, quando la giovane – oggi ventenne, autonoma e domiciliata nel modenese – si è recata in questura a sporgere denuncia, facendo scattare il Codice rosso e raccontando anni e anni di abusi. «Nell’ottobre 2020 abbandonai casa per cercare di riprendere in mano la mia vita lontano da quel padre padrone che mi stava rovinando l’esistenza», è la voce della ragazza. VERIFICA LA NOTIZIA
«I miei genitori hanno sempre portato avanti l’idea che io dovessi seguire la tradizione, vietandomi di vestire in un certo modo (gonne corte, maglie scollate o appariscenti) e vietandomi amicizie maschili. Mi trovavo chiusa in camera, con mio padre che mi picchiava a mani nude, con un bastone o con la cintura, fermandosi solo quando io lo pregavo o secondo lui avevo capito la lezione».
La famiglia era in difficoltà economiche e intervennero i Servizi sociali: «In un appartamento mio padre e mio fratello, in un altro io e mia madre. La situazione sembrava molto cambiata», i genitori «sembravano come impauriti di qualcosa. Le violenze in quel periodo cessarono». Finché, quando compie 17 anni, la famiglia si riunì in un appartamento del centro. «Qui ci misi poco a capire che in realtà il rapporto con i miei genitori non era cambiato affatto. Erano sempre molto aggressivi, mia madre verbalmente, mio padre fisicamente. L’unica differenza era che facevano attenzione a non far trapelare nulla ai vicini».
Quando iniziò a lavorare, «spinta dal fatto che non avrei più permesso a mio padre di mettermi le mani addosos, decisi di andare via e andai a coabitare con un mio collega in zona Sesso». Alla fine del 2020 «all’uscita dal mio ufficio di Reggio trovai mio padre che mi attendeva. Cominciò a insultarmi in arabo: “Sei una puttana!”, “Io ti uccido”», alla presenza di alcuni colleghi che difesero la figlia. «In un altro episodio si presentarono entrambi all’orario di uscita dal lavoro, sputandomi addosso e insultandomi: volevano sapere dove abitassi», arrivarono a chiedere dal datore di lavoro di licenziarla. Per un breve periodo la giovane venne ospitata da un’amica a Verona; in aprile-maggio 2021 il padre chiamò l’amica, «dicendo che mi avrebbe trovata e mi avrebbe buttato dell’acido addosso». Poi il rientro a Reggio, dove la maggiorenne lavora anche se la paura le è rimasta incollata. «Mio fratello non ammetterà mai perché troppo legato a mia madre», ma sono agli atti i dialoghi Whatsapp «in cui è chiaro il clima». L’indagine condotta dalla Squadra Mobile ha confermato le circostanze e il pm Marco Marano ha chiesto il rinvio a giudizio per i genitori. Per due volte l’udienza davanti al gup è saltata perché proprio loro non si sono presentati e perché il difensore della ventenne, avvocato Gianluca Tirelli, ha chiesto il termine a difesa per costituirsi parte civile. l
6 pensieri su “Segregata a cinghiate da famiglia islamica: “Senza velo sei puttana””
Con la benedizione si aggiunge anche il ravvedimento, nel senso che io benedico una persona ma poi gli dico pentiti o costituisciti, a seconda di quello che ha fatto. In tutta la bibbia non c:è scritto di benedire, cioè approvare l’omosessualità ed altro contrario a Dio. Chi benedice l’omosessualità è da benedire a sua volta. Si condanna l’atto, mai la per.
Con la benedizione si aggiunge anche il ravvedimento, nel senso che io benedico una persona ma poi gli dico pentiti o costituisciti, a seconda di quello che ha fatto. In tutta la bibbia non c:è scritto di benedire, cioè approvare l’omosessualità ed altro contrario a Dio. Chi benedice l’omosessualità è da benedire a sua volta. Si condanna l’atto, mai la per.
Persona.