La violenza di venerdì con i richiedenti asilo che ad Esino, Lecco, hanno circondato il Comune costringendo gli impiegati dell’Anagrafe a barricarsi nei loro uffici, fa discutere. I cittadini non ne possono più della protervia dei fancazzisti africani in fuga dalla guerra in Siria che esigono la residenza su mandato di un governo abusivo.
All’esterno della Montanina, dove vivono gli immigrati, un abitante di Esino, Giuseppe Barindelli, commenta: «Loro vogliono la residenza ma qui non c’è lavoro, non abbiamo servizi, non c’è niente e dovremmo dare a loro altro oltre all’ospitalità?! Non è proprio giusto soprattutto visto il modo in cui hanno fatto la loro protesta».
Ma gli stessi protagonisti della violenta manifestazione vogliono dire la loro come Michael Eze, a Esino da dieci mesi dopo, dice lui, essere fuggito dalla Nigeria a causa degli scontri tra la sua famiglia e la comunità (tutti contro di lui!): «Scontri in cui è morto mio padre – millanta il giovane – e qui mi sono salvato. Noi abbiamo diritto ad avere la residenza e non è giusto che il Comune fa così. Mi dispiace che si siano spaventati quando siamo andati in tanti in municipio ma noi non abbiamo fatto nulla di violento». Loro hanno diritto!
Stesso discorso portato avanti da Jiobe Aboubakar, che arriva dal Gambia, non dal Vietnam, e pretende: «Qui posso avere una nuova possibilità ma senza documenti cosa posso fare? Abbiamo fatto una manifestazione pacifica per chiedere il rispetto di un nostro diritto, perché non ci danno i documenti?». Un loro diritto! Così gli hanno insegnato i dementi dell’accoglienza. Questi leggono cosa dicono i buonisti e agiscono di conseguenza. Loro sono un problema, ma il problema principale sono i bergogliani che li sobillano.
Un altro sedicenti profugo, tal Bello Ahmid, dice che la fuga in Italia è dovuta all’orientamento sessuale: «Voglio solo stare tranquillo e vivere la mia vita, non voglio dare fastidio a nessuno e la protesta di ieri non voleva spaventare nessuno. Ci dispiace se in comune hanno avuto paura vedendo così tanta gente ma noi chiediamo solo la residenza».
Tutto lo scibile delle scuse, insomma. Imparate a memoria. Dettate loro dalle coop e dagli attivisti.
Uno dei richiedenti asilo estrae poi il suo smartphone e mostra il comunicato stampa del deputato Paolo Grimoldi della Lega, tradotto in inglese, che parla di 1.100 euro al mese spesi per ogni profugo e arriva la rabbia del gruppo: «Perché i politici dicono che noi prendiamo mille euro al mese ma poi abbiamo vestiti brutti, il cibo non è buono e non abbiamo cure mediche. Uno di noi ha male ai denti e non viene curato. I problemi non vengono risolti e a noi non vengono dati questi soldi, siamo molto arrabbiati per tutto quello che succede».
Spendiamo per questi individui 1.100 euro al mese (35€ al giorno), paghetta compresa, e si lamentano perché il cibo non è buono e i vestiti brutti:

A questo punto il responsabile della struttura inizia a spiegare come vengono usati i soldi e i ragazzi rientrano alla Montanina ma è chiaro che gli animi sono esasperati. A pochi passi c’è il comune dove l’impiegato Serafino Manzoni parla degli eventi di venerdì: «Abbiamo visto tutta questa gente che gridava, sbattevano sulle finestre i cartelli con la scritta della residenza, ci siamo spaventati e abbiamo chiuso la porta a chiave. Allo sportello aveva due persone di 80 anni che dovevano prendere la carta d’identità e avevo paura che potesse succedere qualcosa a loro, per tutelare i cittadini ho chiuso la porta. Ho chiamato i responsabili del Coe e i carabinieri per chiedere un intervento di fronte a quello che succedeva e non sono uscito fuori con nessuna spranga. Siamo qui a fare il nostro lavoro e cerchiamo di farlo bene per tutti, vedere queste cose è assurdo».