Vietato espellere spacciatore: “In Nigeria finirebbe in carcere”

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Niente espulsione. Un nigeriano detenuto per spaccio di stupefacenti è uno dei tanti che rimarrà in Italia nonostante sia un criminale.

La sentenza della famigerata Cassazione, sempre più eversiva, ha accolto il suo ricorso contro il rimpatrio che era stato disposto dal tribunale di Sorveglianza di Venezia e spiana la strada giuridica a migliaia di altri condannati stranieri.

Quando il ventinovenne condannato a sei anni e otto mesi di reclusione il 21 gennaio prossimo uscirà dalla cella, non verrà condotto in un Centro di identificazione ed espulsione per essere rimpatriato in Nigeria perché in quel Paese, per i crimini da lui commessi, è prevista la pena di morte. Ma pensa. Quindi non possiamo mandare via un criminale perché, a casa sua, hanno leggi diverse dalle nostre.

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La Cassazione ha ribadito la priorità dei principi fissati dalla Corte europea per i diritti dell’uomo rispetto alla pericolosità sociale. In pratica secondo i parrucconi della Cassazione, il benessere del criminale straniero ha un valore superiore a quello dei cittadini italiani.

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Secondo la Cassazione, poi, l’espulsione «non è applicabile alle ipotesi in cui il soggetto, se ricondotto nel Paese di origine, corra serio rischio di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti». In pratica tutti gli immigrati che non provengono dalla Svezia, unico paese con un sistema giuridico più demenziale del nostro.

L’ex spacciatore inoltre una volta fuori dal carcere potrebbe vedersi riconosciuta la protezione sussidiaria prevista per quei migranti che non sono rifugiati ma che rischierebbero la vita se facessero ritorno nel loro Paese, il nigeriano otterrebbe un permesso di soggiorno di due anni sul territorio italiano. Perché è un delinquente.

In pratica ti basta spacciare o commettere un altro reato in Italia, e questi eversori ti danno il permessino.

Una sentenza che apre la via al permesso di soggiorno anche agli altri 1129 nigeriani, tra reclusi, condannati e imputati, che si trovano nelle nostre carceri.