Musulmano la picchia su bus a Roma: “Sei solo una donna, alzati”

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Presa a pugni, picchita, insultata da un immigrato su un bus di Roma che esigeva il suo posto a sedere. E nessuno l’ha difesa.

Giorgia Curcuruto tornava a casa appena concluso il turno serale. Sale sul bus 409 in direzione di Torpignattara: “Erano le venti passate del 27 luglio – racconta – Stavo tornando. Uno straniero, forse del Marocco, non lo so con certezza, comunque anziano, mi ha messo le mani sulle spalle dicendo di lasciargli il posto. Gli ho risposto che già che me lo domandava in quel modo, senza un briciolo di educazione, allora la risposta era no: mi ha dato un pugno. Ho gridato, la gente si è girata dall’ altra parte”.

C’è tutta la differenza nel concetto di donna tra Occidente e Islam: qui usa, o almeno usava prima del delirio femminista che è l’altra faccia dell’islamismo, lasciare il posto ad una signora. Da loro è l’opposto, per loro è un oggetto. E gli oggetti si alzano per fare posto ai maschi.

“Ancora adesso – continua – stento a credere a quello che mi è successo. Sono stata picchiata da uno sconosciuto e nessuno ha detto niente. Eppure tutti hanno visto, l’ autobus era pieno. Almeno dopo il pugno qualcuno sarebbe dovuto intervenire. E invece nemmeno il conducente ha alzato un dito per difendermi, anzi se n’ è lavato le mani”.

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Dopo l’aggressione l’autista frena il bus e apre le porte. Le straniero però scende con calma e, racconta la mamma di Giorgia, “continuava a ripeterle che era solo una donna. Ora, qui non si può più dire nulla altrimenti ti danno subito del razzista ma io credo che fosse lui ad essere razzista con le donne”. Il razzismo salva la vita.

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Filippo Morlacchini ha presentato denuncia, i carabinieri hanno avviato un’inchiesta che, si spera, porterà all’individuazione del musulmano e, magari, alla punizione dell’autista.

Ma non è finita qui. Giorgia chiama casa avvertendo di allertare i carabinieri. L’immigrato lo capisce e cerca di strapparle il telefono dalle mani: “Avendo capito che stavo chiamando le forze dell’ ordine mi strappava il telefono dalle mani e solo grazie all’ intervento di un ragazzo che consegnava le pizze e che si è fermato vedendomi in difficoltà me lo restituiva”, racconta.

Al pronto soccorso la scena si ripete ancora. L’uomo alza la voce, minaccia tutti e alla fine decide di desistere e se ne va.

“Mia figlia sugli autobus vede di tutto – racconta la mamma, Tiziana – e allora sapete che faccio? la chiamo ogni sera e mi faccio dire passo passo come sta andando il rientro. Almeno la seguo e lei non è sola”. Perché Giorgia è spaventata. “A darmi i brividi ancora adesso è l’ indifferenza della gente – conclude la vittima -. Non la riesco proprio a dimenticare quella sensazione di solitudine, di distanza tra me e gli altri passeggeri. Quell’ uomo mi urlava contro. Tutti hanno assistito, ma immobili. Era come se non stesse avvenendo niente. Qualcuno addirittura si è anche voltato dall’ altra parte. E alla fine forse il mio aggressore si è sentito legittimato a colpirmi. Avrà pensato: tanto se la picchio non frega niente a nessuno”.