Suore in fuga da campo nomadi che volevano aiutare: “Troppi prepotenti”

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Nella loro ingenuità ci fanno anche tenerezza. Non fosse che, la loro ingenuità, fa vittime innocenti

«Vi chiudiamo dentro, così non andate via. Se ve ne andate questo campo non sarà più come prima», ha detto un capofamiglia rom a Rita e a Carla. Ma loro, le suore Luigine che hanno vissuto 38 anni nei campi nomadi di Torino, con le lacrime agli occhi un mese fa hanno lasciato la loro casetta di via Germagnano. «Avremmo voluto restare, ma la nostra età e le condizioni del campo non lo permettevano più», raccontano le religiose, sorelle, 78 e 77 anni. Una frase a testa, con serenità e malinconia insieme, le suore Luigine che ai sinti e ai rom hanno dedicato la vita, dando una mano con i bambini, con le medicazioni, con la burocrazia, raccontano.

«La nostra è stata e continua ad essere, perché siamo già tornate più volte, una presenza di amicizia, condivisione di vita». Dal 1979 in via Lega, tra i sinti, poi all’Arrivore, gli ultimi quindici anni in via Germagnano. «Ma il campo comunale di via Germagnano, dove vivono 30 famiglie con la residenza, da cinque-sei anni vive un momento brutto. L’abbiamo detto in Comune: l’abbandono in cui versa è un segnale negativo per i rom prima di tutto».

Le suore, che raramente si sono espresse in tutti questi anni, ammettono che «le pietre lanciate di notte contro la roulotte di un poveretto da ragazzi, sono il segno che mancano i genitori, che non c’è più autorevolezza». La scuola è trascurata. «I ragazzi non ci vanno, i genitori non insistono. Il pulmino che li portava non c’è più e per le famiglie è difficile accompagnarli: se li mettono sul furgone capita che appena usciti dal campo prendano la multa. Poi, l’impressione è che il diploma di terza media venga dato con una facilità che non è educativa».

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«Cinque-sei anni fa è arrivata gente che minacciava, bruciava le case, poi le occupava. Ora piazzano i camper dentro l’area, se ci sono controlli se ne vanno. Alcune famiglie in regola se ne sono andate. Noi – tengono a ribadire – non siamo andate via per i rom, ma per l’abbandono: nonostante questa situazione che colpisce i deboli, là non vanno più né vigili, né cooperative. I volontari vengono derisi. Ci avevano detto, in caso di necessità di chiamare la polizia, finito l’orario dei vigili, ma in sei mesi non è mai arrivata».

Ma certo, la polizia al servizio di due fanatiche coccola zingari. Non ci sono italiani da aiutare. Meglio trasferirsi in qualche campo nomadi, ad aiutare chi non vuole essere aiutato. E poi, il campo nomadi tanto amato dalle due suore, è questo:

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Sostenerli, significa essere complici di reati. Gravi reati. In un paese civile non esisterebbero campi rom che ospitano pseudo-nomadi che vivono stanziali nel degrado. Arricchendosi con furti e traffici illeciti. Ma, del resto, in un paese civile uno Stato straniero non riceverebbe l’8 per mille da tutti, anche da chi non sceglie di destinarglielo.