Lo staff di Renzi lavora – parola grossa – al piano per riformare il lavoro. E’ il punto centrale delle loro ‘riforme’ è l’abolizione dell’articolo 18 per i neoassunti.
Ora, il problema dell’occupazione giovanile – già molto bassa – è la precarietà. La differenza tra un lavoro a tempo determinato, ed uno a tempo indeterminato senza l’articolo 18 è nulla. Cambia solo il nome.
C’è di più. Abolire l’art. 18 in una fase di espansione economica avrebbe un suo senso: favorirebbe le assunzioni. Ma farlo durante una catastrofe come quella attuale, aprirebbe le cataratte dei licenziamenti.
Tale proposta di riforma viene da un certo Yoram Gutgeld, esperto di economia del segretario. Nato a Tel Aviv quasi cinquantaquattro anni fa, è da febbraio parte della delegazione straniera tra i parlamentari del Pd.
Che le sue ricette ricalchino quelle dei fanatici della globalizzazione non è casuale, visto che, nella sua vita, ha sempre lavorato alla McKinsey&Company, multinazionale dei servizi di consulenza.Tutto torna.
Prima faceva consulenze alle multinazionali, oggi, le fa a Renzi. Questa è la sinistra italiana oggi. Un postribolo totalmente appaltato agli squali della Globalizzazione.
Una domanda: ma nel Pd, qualche italiano è rimasto?
Negli Usa è piuttosto comune, se non automatico, fare la spola tra Goldman Sachs e incarichi di governo. Tra multinazionali e incarichi di governo. Renzi, vuole importare questa perniciosa abitudine: chi lo finanzia?