“Bruciate tutto”, le teppiste hanno preso alla lettera l’appello

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L’obiettivo di tutta questa canea mediatica per la tragedia individuale di Giulia Cecchettin è creare una divaricazione tra maschio e femmina simile a quella esistente nel mondo anglosassone. In realtà, il femminismo è il sindacato delle sfigate e rappresenta una piccola minoranza di invasate fuori dal tempo. Il loro problema è che in Italia manca il sostrato culturale per arrivare a quello che loro vorrebbero, per questo sono così agitati.

Un altro paio di manifestazioni del genere, tra islamiche che velate che invocano il genocidio degli ebrei e teppiste che tentano di bruciare le sedi di organizzazioni sgradite, e la morte della povera Giulia Cecchettin genererà l’effetto contrario.

Claudio Riva, docente di Sociologia dei Media all’Università di Padova fa un’analisi bizzarra della sorella:

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«Il suo atteggiamento nei confronti della tragedia familiare che l’ha improvvisamente travolta va oltre il lutto personale: ha scelto di esporsi pubblicamente, identificando le strutture di potere della società patriarcale e la cultura dello stupro come radice del problema dei femminicidi trasformando il dolore in un’azione sociale e politica».

«Mentre alcuni la vedono come una figura coraggiosa e un simbolo di resistenza avendo trasformato la tragedia personale in una piattaforma per il cambiamento sociale, altri la criticano — dice Riva — riflettendo le tensioni e le divisioni presenti nella società riguardo al cambiamento dei ruoli di genere e alla violenza contro le donne». Parlare di queste tematiche non è semplice. Non lo è nemmeno oggi. Nemmeno dopo una tragedia di questo livello. «Gli attacchi sui social a Elena Cecchettin rientrano nelle pratiche di odio che si scatenano, attraverso denigrazioni online e offline, contro le donne che si ribellano — continua Riva — un’ulteriore forma di violenza che costituisce una manifestazione di repressione sociale nei confronti delle ragazze che decidono di rendere pubblica una violenza nelle relazioni intime o che, come Elena, conducono un’azione di sensibilizzazione che produce l’effetto per cui a rimanere isolata è la persona che si ribella alla prevaricazione, non l’aggressore. Attacchi che, per quanto riguarda Elena Cecchettin, hanno assunto ancora la forma della violenza di genere, colpendo il suo modo di vestire e le foto postate sul suo profilo Instagram come elementi che minerebbero la sua credibilità rispetto ai temi di cui ha scelto di farsi portavoce».

Pensa te, una sfrutta una tragedia personale per colpevolizzare milioni di maschi italiani e le vittime delle sue invettive non dovrebbero neanche avere il diritto di criticarla perché è sorella di una ragazza uccisa? Se abbandoni il lutto personale per fare politica, scegli di essere criticata. Non puoi nasconderti dietro il cadavere della sorella.

Nessuno, tranne qualche deficiente, avrebbe osato parlare del suo modo di vestire o delle sue scelte se non avesse scelto di lanciarsi in bizzarre invettive contro gli italiani.

E non c’è alcuna polarizzazione, solo un branco di invasati pilotti da media e sociologi.

Se noi avessimo invitato a bruciare tutto dopo l'ennesimo omicidio di un italiano maschio o femmina da parte di un immigrato e poi qualcuno avesse assalito un centro accoglienza saremmo già indagati per incitamento all'odio.




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