RIVOLTE CLANDESTINI, SFASCIANO TUTTO: “Non possiamo fermarli”

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Non si riesce neanche a gestire 42 clandestini da espellere. E’ ridicolo.

Negli ultimi mesi le rivolte si sono succedute a ritmi costanti e vengono accolte con fatalismo da operatori e forze dell’ordine.

Il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di via Corelli (nella foto) è costruito male secondo i sindacati di polizia e chi vi è accolto non ha motivi per evitare rivolte e danneggiamenti, perché una volta alla settimana partono gli aerei per i rimpatri e gli ospiti sono già obbligati a lasciare l’Italia. Difficile che si preoccupino di non appiccare il fuoco agli arredi o di non malmenare qualche membro delle forze dell’ordine: gli ultimi sono stati due militari della Guardia di finanza. Capita dunque facilmente che prima del giovedì, giorno in cui mediamente i charter riportano all’estero gli immigrati con foglio di via, si riaccendano gli animi. L’eventualità delle rivolte è dunque accolta con rassegnazione dagli operatori e dagli uomini in divisa che vi prestano servizio.

Come in questo caso:

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A oggi sono 42 gli ospiti accolti nel centro, tutti uomini, divisi in due sezioni con la capienza di 28 unità ciascuna. Mediamente la permanenza è di qualche settimana, ma varia molto da nazionalità a nazionalità: con i tunisini gli accordi bilaterali permettono una certa velocità burocratica, mentre con altri Paesi come il Marocco si possono aspettare mesi. Tutto in mano a un pugno di operatori del raggruppamento temporaneo d’impresa della Versoprobo Sccs di Vercelli e Luna Scs di Vasto (Chieti): durante il giorno sono garantite dai gestori del centro due persone, cioè circa una per venti ospiti, su due turni. La notte, invece, ne rimane una sola. Organizzare attività è difficile a causa della variabilità dei tempi di permanenza, ma le società che gestiscono hanno pensato a piccoli accorgimenti in tema religioso, come degli orologi appesi alle porte dei reparti grazie ai quali gli ospiti possono sapere l’ora giusta per le preghiere.

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L’assistenza sanitaria è invece tra le contestazioni dei sindacati della polizia: in teoria dietro le mura grigie del Cpr c’è un’infermeria e un presidio medico garantito 24 ore su 24, ma secondo il Sindacato autonomo della Polizia (Sap), si sono verificati alcuni buchi nel servizio. Ma è solo uno dei punti sull’organizzazione del Cpr, perché secondo il Sap la costruzione stessa è un problema: i reparti sono divisi male, perché gli ospiti possono comunicare facilmente e così organizzare le rivolte. È stato costruito più come un centro di accoglienza che un centro per i rimpatri e le toppe devono metterle gli uomini in divisa: «Le forze dell’ordine sono sempre chiamate a svolgere un di più contesta Massimiliano Pirola, segretario milanese del Sap perché dovrebbero prestare servizio in un centro costruito come si deve. E non certo così». Davide Bardile, Rls del Sap, aggiunge di voler «fare un sopralluogo per verificare l’idoneità della struttura, perché noi la riteniamo un luogo di lavoro». Per i sindacati, infatti, le porte non sono aperte in via Corelli, ma per i parlamentari sì, motivo per cui Marco Osnato, deputato di Fratelli d’Italia, è potuto entrare: «Voglio innanzitutto ringraziare le forze dell’ordine per il lavoro che svolgono in una situazione certamente non facile le sue parole Approfondiremo in sede parlamentare come il ministero ha voluto organizzare gli appalti per la gestione dei Cpr, un settore che resta molto delicato soprattutto per la sicurezza: vogliamo capire se nelle rilevantissime spese degli ultimi anni in tema di immigrazione, non ci fosse spazio per trovare soluzioni più adeguate per i centri di permanenza per il rimpatrio e per le espulsioni in genere».

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Il sistema delle espulsioni deve essere totalmente rivoltato. Chi sbarca va messo su grandi navi prigione che fanno rotta per il Nordafrica e li vanno scaricati. Da dove partono, che sia o non sia il loro Paese. Quelli che invece vanno trovati sul territorio con rastrellamenti devono essere sistemati in grandi parchi di divertimento con annesso aeroporto militare e rimpatriati in massa verso casa loro se possibile o un Paese terzo come fa Israele con l’Uganda dietro pagamento.

Bisogna militarizzare l’immigrazione. Perché è un problema militare. E deve essere depotenziata la magistratura che non deve mettere bocca sulle politiche migratorie. Tutto questo, ovviamente, lo deve fare il prossimo Parlamento. Oppure, si potrebbe anche fare per via DPCM: ci divertiremo.

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