Italiani vivono per strada:”Farei qualsiasi lavoro, ma assumono solo immigrati” – VIDEO

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Così diceva un italiano. Così accadeva e così continua ad accadere nell’Italia senza frontiere a merci, persone e soldi:

E oggi, dopo il lockdown, la situazione è peggiorata. Mentre ospitiamo quasi 80mila clandestini in hotel. Roberto aveva un bar, ma l’ha perso per colpa della pandemia, ora vive per strada:

Umberto, invece, si è ammazzto:

Migliaia di italiani sono in fila per avere il cibo, mentre gli immigrati si rivendono quello ricevuto dallo Stato:


Non che questo sia vero solo ora.

Nell’era dei robot e dell’automazione sempre più pervasiva, dell’imminente rivoluzione AI, nella quale servono sempre meno dipendenti per merce prodotta, il governo italiano, invece di puntare sull’intelligenza dei propri giovani, li costringe a ‘fuggire’ importando, invece, braccia low-cost per un inesistente produzione di massa. Questo significa distruggere il futuro di un Paese.

Ma del resto, in Italia, abbiamo a che fare con un giornalismo e una politica dalle personalità dissociate: un giorno gridano all’allarme occupazione, e quello successivo, in preda a psicosi collettiva, ci informano di “quanto abbiamo bisogno di immigrati”. Le due cose, care testevuote, non possono coesistere: non è ontologicamente possibile, la sintesi tra disoccupazione e bisogno di immigrazione.

Solo nel meravigioso mondo del giornalismo italiano, si può leggere, nella stessa pagina, l’allarme disoccupazione e un articolo nel quale un pennivendolo si delizia dell’arrivo di nuovi immigrati.

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Naturalmente, la tesi che gli xenofili usano quando vengono posti davanti a questo dilemma, è che gli immigrati non rubano il lavoro agli Italiani, fanno i lavori che gli Italiani non vogliono fare.

Questo ormai vetusto e bizzarro ragionamento lo abbiamo sentito e risentito, letto e riletto. Non ha alcuna base economica.

Non esistono lavori che noi non vogliamo fare, ma lavori che non possiamo fare se la concorrenza degli allogeni li rende economicamente off-limits. Noi non possiamo(e non vogliamo) vivere in dieci in una stanza, non possiamo e non vogliamo tornare all’epoca della Londra dickensiana.

L’immigrato, come un parassita si insinua nel mercato del lavoro e, con la sua disponibilità al para-schiavismo, lentamente esclude gli autoctoni dal mercato del lavoro: questo avviene in Italia, ma avviene in tutta Europa e in tutto l’Occidente.

Oltre alla concorrenza verso il basso, una sorta di lavoratori “low-cost”, e l’Occidente sta morendo di low-cost, esiste un altro danno che l’immigrazione causa al mercato del lavoro, un danno indiretto ma non meno pericoloso: catastrofico a lungo termine.

L’immigrazione uccide l’innovazione e la ricerca, perché la disponibilità di lavoratori a basso costo, invita le imprese a non innovare e a non meccanizzare. Questo, ha l’effetto indiretto di colpire i settori ad alta frequenza di innovazioni come la meccanica e l’elettronica andando a ridurne l’occupazione. Con l’effetto più a lungo termine di una lenta degradazione produttiva e competitiva.

E difronte a questo catastrofico scenario, i Sindacati hanno completamente abbandonato i lavoratori italiani: perché ormai anche i sindacalisti sono una “oligarchia”. E tutte le oligarchie “adorano” gli immigrati, per ovvii motivi “elettoralistici”.

La corda è vicina a rompersi. Dio protegga gli immigrati, quando si romperà.




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