Allam: “Anche io sono stato immigrato, ma oggi è invasione”

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“Anche io sono stato un immigrato, venuto in Italia quando avevo 20 anni”. Magdi Allam all’incontro Immigrazione, realtà e prospettive di Fratelli d’Italia, al Gran Caffè Schenardi di Viterbo.

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“Era il 1972, erano gli anni del boom economico e io sono arrivato con un volo Alitalia – racconta il giornalista e scrittore -. Avevo un regolare passaporto egiziano e un visto italiano di studio, oltre a una borsa stanziata dalla Farnesina”. Fu per volontà della madre, babysitter per una famiglia italiana, che al Cairo Allam studiò in un collegio cattolico e in uno salesiano. “Quando mi sono trasferito avevo un diploma italiano, conoscevo la lingua e apprezzavo la cultura italiana. Ed ero soprattutto economicamente autosufficiente”.

Allam ricorda: “In quegli anni in Italia il termine immigrato non esisteva, perché noi stranieri non rappresentavamo un problema. Eravamo pochi e, la maggior parte, studenti con una buona cultura. Gli italiani ci consideravano una risorsa, erano orgogliosi di noi e l’integrazione era un dato di fatto. Non mi sono mai sentito diverso e fino agli anni ’80 non ho avvertito la necessità di richiedere la cittadinanza. L’ho fatto, dopo essermi sposato e dopo aver avuto il terzo figlio, per avere una migliore condizione lavorativa come giornalista”.

Oggi, invece, non è più immigrazione, è invasione: “Chi è in Italia è entrato soprattutto da clandestino. E la loro immigrazione è differente anche dall’emigrazione italiana all’estero. In passato le famiglie italiane che andavano all’estero ottemperavano alle regole di quel paese. E lì si rimboccavano le maniche e si guadagnavano da vivere con il sudore della fronte. Oggi invece il 90, 95% di chi è sui barconi che attraccano in Italia sono giovanotti musulmani di 20, 30 anni. Siamo destinati a una colonizzazione e a un’islamizzazione demografica, che veramente è già una realtà. Ma tra 20, 30 anni in Europa ci sarà una vera e propria sostituzione etnica”.

Allam parla di “suicidio europeo”. “Siamo fragili – dice – e non siamo più in grado di essere noi stessi in casa nostra. Abbiamo perso la certezza di chi siamo. Ci comportiamo come se fossimo terra di tutti e di nessuno, e di conseguenza gli altri ci vedono come una terra di conquista. Una conquista che è già in atto. Il nemico lo abbiamo già in casa, con tagliagole e taglialingue. Vogliono limitare le nostre libertà, diritto che in Italia è sancito dall’articolo 21 Costituzione. Vogliono imporre l’islamofobia, da intendere come il divieto di criticare e di condannare l’Islam”.

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“Chi ci governa non ha a cuore le sorti delle popolazioni europee, altrimenti aiuterebbe giovani e famiglie. Ci dicono che non ci sono risorse, che però sono illimitate per la cosiddetta accoglienza. Per questo queste migrazioni non possono essere considerate spontanee, ma sono pianificate e da noi finanziate. E promuovere la sostituzione etnica è un crimine verso noi stessi.”

L’immigrazione non sarebbe un problema, se fosse limitata, come negli anni ottanta. In quel caso sì, poteva essere un arricchimento, con poche migliaia di persone che potevano portare idee e nuove prospettive. Quella era un’immigrazione che c’è sempre stata. Ma ora no, questa non è immigrazione, è invasione. E’ una marea che tutto travolge e tutto distrugge.

Come puoi considerare in modo diverso un flusso di individui di 300mila persone l’anno di media. A cui si aggiungono più di 100mila nati? E’ in corso una guerra demografica. Un genocidio con altri mezzi. E questo genera razzismo. Che in una situazione catastrofica diventa legittima difesa.

E’ una legge fisica: a ‘pressioni’ differenti, valgono leggi differenti.