“La delocalizzazione è bella”, lo insegnano a scuola

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Diffuso dalla pagina facebook “Ufficio Sinistri. Il buco nero in cui è scomparsa la sinistra”, il passaggio è tratto da Leonardo, sussidiario di educazione tecnica per la prima media inferiore, scritto da Cesare Benedetti e Corinna Romiti, edito da DeA scuola, della casa editrice De Agostini.

“Essa è un vantaggio per l’azienda, che in questo modo riduce il costo della risorsa lavoro e può quindi offrire il suo prodotto ad un prezzo più basso, risultando più competitiva”.

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E “la delocalizzazione è un bene anche per il Paese in cui la produzione viene trasferita perché in quell’area vengono creati nuovi posti di lavoro che, per quanto poco pagati, sono sempre meglio della disoccupazione”.

Il sussidiario, ovviamente, non spiega chi, nel Paese da dove l’azienda è fuggita, potrà comprare i prodotti a prezzo più basso se chi lavorava viene licenziato per le delocalizzazioni. Perché il fenomeno è questo: uno spostamento di produzione dall’Europa verso zone dove si può produrre a costi economici, sociali e ambientali più bassi. E questo, a lungo termine, impoverisce tutta la società europea. Anche i consumatori. Che sono, prima di tutto, lavoratori.

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