Un tibetano si è immolato dandosi fuoco nella provincia dello Sichuan, nella Cina occidentale, per protestare contro la sostituzione etnica messa in pratica ormai da anni dal governo di Pechino.
Il patriota, Tsekho Tugchak (foto), è poi morto. E’ il primo tibetano ad immolarsi nel 2018 e il 152esimo dal 2009, hanno fatto sapere il governo tibetano in esilio e Radio Free Asia. “La situazione in Tibet sta diventando invivibile”, ha detto il presidente in esilio Lobsang Sangay.
Come in Europa, anche in Tibet è in atto un genocidio culturale portato avanti attraverso l’immigrazione di cinesi nella terra dei Tibetani.
Nella capitale, Lhasa, i cinesi sono ormai maggioranza. Questo è un altro esempio di come l’immigrazione sia un’arma di distruzione di massa.
I tibetani si sono ripetutamente ribellati contro le autorità cinesi, accusate di mancare di rispetto alla loro cultura e religione. Ogni volta, la Cina ha risposto rafforzando la propria presenza militare nella regione e aumentando l’immigrazione di cinesi etnici, gli Han, nel Tibet. Perché sanno che il modo migliore per “spezzare” la resistenza dei Tibetani, è renderli minoranza attraverso l’immigrazione.
Nel frattempo, le autorità cinesi stanno incoraggiando i turisti a visitare la regione autonoma, in particolare Lhasa. Quasi 10 milioni di turisti soprattutto cinesi, hanno visitato il Tibet nel 2011. Alla fine del 2012, le autorità cinesi hanno annunciato un grande “piano di conservazione” per la città vecchia di Lhasa. E’ così che in “neolingua” si chiama lo sconvolgimento architettonico. Il progetto prevede che parte del distretto Barkhor della città vecchia venga sostituito da una zona commerciale che comprenderà un grande centro commerciale.
Sulla piazza che si trova di fronte al tempio di Jokhang [nel centro della città vecchia], non si vedono più pellegrini provenienti da altre parti della regione che vengono ad adorare a Lhasa. Non si vedono più le migliaia di lampade utilizzate per illuminare i padiglioni del tempio. Invece, si vedono cecchini sui tetti delle case e uomini armati che pattugliano le strade.
Quello che vediamo a Lhasa oggi sono inaugurazioni di centri commerciali giganteschi creati da accordi sottoscritti tra il governo e il mondo degli affari. Che in comune hanno l’interesse all’annientamento etnico del Tibet.
Il partito comunista cinese sa benissimo che il modo migliore per assimilare un popolo, è distruggerne le tradizioni e l’identità. E per fare questo ecco l’immigrazione e lo sconvolgimento architettonico della città sacra di Lhasa. Questo somiglia a quello che avviene in Occidente: anche qui importazione massiccia di immigrati e sfruttamento massiccio del territorio e sconvolgimento architettonico-culturale delle nostre città con la costruzione di centri commerciali, negozi etnici e Mc Donald’s. Cambiano i padroni, ma il progetto è lo stesso: la dissoluzione dei popoli.