Le bambole cinesi che avvelenano le vostre figlie

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Seicento bambole tossiche nelle calze della Befana. A lanciare l’allarme, lunedì, è stato il ministero della Salute che ha ordinato l’immediato ritiro del giocattolo «Adorn Article», fabbricato in Cina dalla Jiaruifeng Toys Factory e importato in Italia da una ditta di Monselice, la Royal Collection Group Srl, che distribuisce prodotti in tutta Italia.

Capelli biondi e grandi occhi blu, la Adorn è una bambola che piace sia alle bimbe che ai loro genitori, visto che ricorda le forme della Barbie ma viene venduta a un prezzo molto più basso. Senza contare che agli acquirenti viene fornita già compresa di accessori: una borsetta, gli stivali colorati, lo specchio, perfino una chitarra elettrica.

Peccato sia molto pericolosa e quindi vada immediatamente tolta dal mercato. A preoccupare è il tipo di problematiche che potrebbero insorgere nelle bambine: «Il rischio sanitario – spiegano dal ministero – consiste in possibili danni al sistema riproduttivo causati dalla presenza di di-ftalato contenuto nel materiale plastico del giocattolo». Le analisi sono state eseguite dal laboratorio Uooml di Desio su un campione preso dagli scaffali di un centro commerciale del Milanese. Gli esperti hanno riscontrato la presenza di ftalato di tipo Dehp al 37,3 per cento, quindi una percentuale che viola (e di molto) le restrizioni previste dall’Unione europea per gli articoli destinati ai bambini: il loro utilizzo nei giocattoli e nei prodotti per l’infanzia è vietato in concentrazioni superiori allo 0,1 per cento. Gli ftalati sono sostanze utilizzate dalle industrie plastiche, in genere aggiunte al polimero per impartire caratteristiche di flessibilità ed elasticità, ma finiscono anche negli inchiostri e negli adesivi. Sono tossiche perché possono distruggere il sistema endocrino e quindi c’è il rischio di effetti devastanti per i bambini che le potrebbero assimilare masticando o succhiando per lunghi periodi gli oggetti che le contengono.

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La Globalizzazione ci sta avvelenando. L’apertura dei commerci alla Cina avrà ripercussioni sulla salute a lungo temine che ancora non possiamo cogliere. E che avranno il loro impatti negli anni a venire.

L’apertura delle frontiere all’importazione ha causato una massiccia delocalizzazione. Che ha inciso sulla precarizzazione del lavoro in tutto l’Occidente. Questo, a sua volta, impoverisce i consumatori, che così tendono a comprare prodotti meno costosi e più scadenti. E velenosi. Che vengono importati dalla Cina.

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Così il gatto continua a mordersi la goda. Finché non cadrà stecchito. Il gatto è la nostra civiltà.

Nel sito web della Royal Collection si legge che la società di Monselice è specializzata «da oltre vent’anni nell’importazione e della distribuzione di giochi e peluche». A loro si rivolgono sia negozianti al dettaglio che all’ingrosso. Il titolare, Mauro Andolfo, non si nasconde e viene da credergli quando giura di essersi fidato delle persone sbagliate: anche lui, insomma, sarebbe una vittima degli scarsi controlli che avvengono in Cina. «Lunedì mi è arrivata la segnalazione del ministero – spiega – e ora stiamo cercando di capire in quanti e quali negozi siano finite quelle bambole. Non ci era mai capitata una situazione del genere. Per fortuna ne avevamo importate poche, appena 600 pezzi, ma le abbiamo vendute tutte».

Andolfo assicura di aver seguito alla lettera i regolamenti: «Il produttore ci ha spedito un campione, che abbiamo fatto testare dall’Istituto italiano sicurezza del giocattolo. Le analisi erano positive e ci è stato quindi rilasciato un certificato che attestava la qualità della bambola, anche sotto il profilo della sicurezza. A quel punto abbiamo dato il via libera all’importazione, probabilmente senza eseguire altri test perché non sono obbligatori. Il problema è che il fornitore cinese ha consegnato un prodotto diverso da quello ordinato». Per la Royal Collection non si mette bene:

Beh, anche io posso mandarti la Boschi come campione di piddine, tu ci fai un giro, e ordini: poi ti invio 600 Boldrini.

«Ci sarà una multa e un procedimento giudiziario – teme l’importatore padovano – e alla fine a rimetterci saremo solo noi. I cinesi la fanno sempre franca…».