Tubercolosi resistente agli antibiotici: 21 profughi infetti

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Un ceppo dell’agente patogeno della tubercolosi resistente a diversi antibiotici ha colpito otto richiedenti asilo africani arrivati in Svizzera nel 2016. Inutile dire da dove arrivassero, ovviamente dall’Italia. Dove è quasi impossibile verificare, a causa del massiccio afflusso di clandestini: la TBC, soprattutto quella multiresistente, per essere individuata necessita di esami approfonditi.

L’identificazione del batterio, fatta all’Università di Zurigo, ha portato alla creazione di un sistema di allarme europeo.

Il primo caso chiarito presso il Centro nazionale di referenza dei micobatteri (NZM) dell’Università di Zurigo riguarda un profugo somalo arrivato nel febbraio del 2016 al centro per richiedenti asilo di Chiasso (TI).

«Quel ceppo aveva una combinazione di resistenze a quattro tipi di antibiotici che non era mai riscontrata in precedenza», afferma Peter Keller, responsabile delle diagnosi presso il centro NZM, citato in una nota dell’Università.

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Nei mesi successivi lo stesso tipo di batterio è stato trovato su altri sette richiedenti, tutti provenienti da Paesi del Corno d’Africa, arrivati in Svizzera fino al mese di novembre del 2016.

Le persone contagiate con questo ceppo multi-resistente devono essere sottoposte a quarantena e seguire un trattamento endovenoso in ospedale di più mesi
. Inutile dirvi i costi. E, ancora peggio, cosa significa esserne infettati, visto che non ci sono antibiotici che possano curare la patologia.

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Grazie alla rapida identificazione del ceppo, nessun’altra persona è stata contagiata in Svizzera, scrive il centro NZM.

Visto il moltiplicarsi dei casi, il centro NZM e l’Ufficio federale di sanità pubblica (UFSP) hanno diffuso un avvertimento ai colleghi in Europa. Sulla base dei dati ricevuti dalla Svizzera, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), ha identificato al 21 casi di contagio, tutti di persone provenienti dal Corno d’Africa o dal Sudan.