È passato oltre un anno e mezzo da quando l’allora ministro dell’Interno Angelino Alfano ha istituito le unità operative antiterrorismo dopo la strage di Charlie Hebdo. Ma senza equipaggiarle a sufficienza. Ancora oggi, le Uopi (Unità operative di primo intervento) non hanno mezzi adeguati ad intervenire in caso di attacco.
Sono 190 le unità nelle città italiane considerate a rischio elevato di attentati (oltre a Roma, Milano, Firenze, Napoli, Bari Torino, Padova, Venezia, Trieste, Ferrara, Lecce Cuneo) e Gianni Tonelli, segretario del Sap, attacca: “Prima di essere attivate, i membri delle nuove unità hanno svolto un corso di tre settimane al centro di addestramento di Nettuno sull’uso di una nuova arma a canne lunghe data loro in dotazione. Per il resto questi nuclei da minimo tre uomini sono equipaggiati con giubbotto antiproiettile e spray al peperoncino, non hanno nemmeno mai sparato su bersagli in movimento”, spiega. Inoltre, le tecniche apprese dai reparti d’assalto dei Nocs «hanno bisogno di continuo allenamento – continua il segretario – è come una ginnastica. Ma nonostante tutte le nostre richieste non è mai stata fatta nessun’altra iniziativa di aggiornamento».
Il livello di rischio «non solo è aumentato, è cambiato. I poliziotti ora sono bersaglio diretto di kamikaze, non si può pensare di affrontare questa nuova minaccia con l’impostazione del passato. L’incolumità loro e dei cittadini va tutelata con formazione». Servono poi «nozioni chimiche e nucleari. Con 6 milioni si sarebbe potuto garantire a tutto il corpo una preparazione adeguata». Invece nulla.
Per Tonelli, «da Fiumicino a Palermo: gli agenti si aspettavano qualcosa di diverso. Basti pensare che esiste una sola pattuglia per Milano. Qualcuno aveva anche chiesto di tornare al servizio precedente».
Se attaccano, noi risponderemo con lo spray al peperoncino.