Oggi è caduta Costantinopoli, Bergoglio vuole il bis?

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29 maggio 1453, era un Martedì; il giorno in cui Costantinopoli cadeva. Invasa dalle forze ottomane che avevano bombardato le sue possenti mura ininterrottamente negli ultimi 40 giorni.

Una catastrofe di civiltà. Uno spartiacque nella storia della strategia militare. Si dimostrava che la polvere da sparo poteva abbattere qualsiasi difesa. L’epoca delle grandi fortezze di pietra era finita. Ma molto più di quello era finito: un’intera civiltà.

I difensori bizantini e i loro alleati veneziani e genovesi avevano notato presagi, al momento di una eclissi lunare avvenuta la settimana precedente. L’icona della Vergine Maria era caduta mentre veniva portata in processione attraverso la città; poi un temporale aveva fermato il corteo.

Mentre il crepuscolo scendeva, la sera del 28 maggio, l’imperatore Costantino aveva parlato. E 400 anni di scisma tra le Chiese erano stati messi da parte, tutti i cristiani si erano riuniti per la messa in Santa Sofia, la più grande chiesa della cristianità orientale. Troppo tardi. Sarebbe stata l’ultima messa, celebrata in quella chiesa.

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Nella prime ore del giorno dopo, l’assalto finale. Iniziò con un rumore assordante di trombe, tamburi e grida di guerra. Allahu Akbar! Poi tutto fu perduto.

I Genovesi corsero verso il mare dopo che il loro comandante era stato ferito; una dozzina di navi greche e italiane, cariche di cristiani terrorizzati, si gettavano i mare aperto: Costantinopoli era caduta. Gli assedianti, Bashi-bazuk mal addestrati e l’elite dei giannizzeri rinnegati, irrompevano in città.

Irrompevano in millenni di Storia attraverso le grandi porte di bronzo, nella chiesa di Santa Sofia. Dove i fedeli vennero massacrati o catturati; molti sacerdoti giustiziati sull’altare.

Più tardi, le caviglie inzuppate del sangue cristiano, Sultan Mehmet entrò nell’edificio, ordinando ad un imam di rivendicarlo alla fede musulmana.

Oggi non hanno bisogno di armi. Oggi li andiamo a prendere noi, in Libia.