Il più grande centro per immigrati ligure è gestito da assessore PD, e ora vuole più soldi

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La Fondazione San Giovanni Battista, capofila in Liguria del progetto di accoglienza dei finti profughi, e ‘casualmente’ guidata da un ex assessore del PD, batte cassa: o più soldi dai contribuenti o chiudiamo.
Questa la sintesi della richieste di Francesco De Simone, ex assessore provinciale, che dal 2009 è stato chiamato al vertice dall’allora sindaco di Genova, la PD Marta Vincenzi.

«La situazione è davvero insostenibile – spiega De Simone – Se il Comune non interviene, non ci resterà altro che prenderne atto e agire di conseguenza». L’amministratore, una lunga carriera politica vuole più soldi: «L’Opera Pia nasce al tempo dei Dogi – spiega – Per aiutare vedove e orfani di quegli uomini morti in guerra per conto della Repubblica, in mare o in fanteria». La struttura, nata nel 1537, non è mai smesso di esistere. A cambiare è stata solo la ragione sociale e, in parte, la missione, anche se la vocazione all’aiuto non è mai venuta meno. «È diventata un grande orfanotrofio per ragazzi difficili e abbandonati, la parte a terra della “Garaventa” e poi una casa di riposo per anziani, nel Secondo Dopoguerra – dice De Simone – Da ultimo un Ipab e dal 2003 una Fondazione istituita dalla Regione con un patrimonio immobiliare». E proprio il patrimonio diventa la fonte di reddito per svolgere l’attività sociale gestita dal consiglio, scelto dal Comune (che indica 4 protettori) e dalla Provincia (poi Città Metropolitana). In un’enclave urbana chiusa fra via Serra e via Peschiera, parte che attira gli interessi del business immobiliare, la Fondazione dà in affitto un palazzo al Liceo Cassini e un altro all’Isforcoop. Nel 2009 il sindaco Marta Vincenzi chiama De Simone alla presidenza. L’incarico scade e dopo una proroga viene riconfermato nel 2014 da Marco Doria.

«Da subito si confermano la vocazione studentesca – dice De Simone – quella cooperativa di istruzione solidale e si aggiunge l’assistenza per situazioni di emergenza, quale quella dell’esondazione del Fereggiano con l’ospitalità offerta per mesi a 29 persone sfollate». E fino a qui, va bene. Peccato che poi tutto cambi, e la fondazione entri nel lucroso business dei finti profughi.

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Dal 2014, su decisione della Regione al tempo a guida PD, diventa l’hub regionale per l’accoglienza dei minori (presunti) non accompagnati, dai 12 ai 18 anni. Si allestiscono da subito 32 camere, ma si decide di intervenire anche per i profughi adulti, attraverso il coinvolgimento di cinque cooperative sociali. Per gli ospiti assistenza di ogni tipo, alloggio, scolarità, tutoraggio e cure mediche. Tutto a spese dei contribuenti. PD, cooperative e immigrati: un rapporto incestuoso.

«Siamo arrivati ad avere anche novanta persone, ora sono 85 – spiega De Simone – Minori e adulti, che fuggono da situazioni tragiche (inesistenti), restano qui fino a quando non viene riconosciuto loro lo status di profughi», quindi da clandestini, visto che non sono profughi.

Ma il business non funziona, e con i profughi i costi si moltiplicano, gli affitti non bilanciano le spese per le utenze e gli introiti per profugo sono troppo ridotti per continuare a garantire questo tipo di assistenza: «Al sindaco Doria ho scritto 18 volte e lui mi ha anche risposto – spiega De Simone – I conti non tornano più, abbiamo entrate per 400mila euro di affitto, ma poi solo spese, due impiegati a cui non diamo più di 20mila euro a testa, e tutte le utenze a nostro carico. Qui passa ogni giorno un migliaio di persone. Inoltre, ho ereditato costi per ristrutturazioni degli immobili per 6 milioni e non riusciamo più a far fronte alle rate dei mutui contratti a suo tempo. La messa a norma degli immobili è costata 2,5 milioni, la ristrutturazione della residenza, che era un rudere, 2. Se questo è un bene pubblico, il Comune deve contribuire. A queste condizioni noi non ce la possiamo più fare. All’ordine del giorno del consiglio esporrò la situazione generale e chiederò di esprimersi sulla possibilità o meno di proseguire l’attività. Questa volta vado fino in fondo, sono pronto a rescindere il contratto, a mollare tutto e a mettere la Fondazione in liquidazione».

Pagheranno i contribuenti. Com’era la storia dei ‘profughi come risorsa’?