I missionari in crisi si danno al business dei profughi: “Abbiamo strutture in eccesso”, e le affittano

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La crisi della Chiesa, morale e teologica, si spiega tutta in questi numeri: il Pime, Pontificio istituto missioni estere, perde missionari, ne ha attualmente 480, i seminaristi italiani sono 4, la maggioranza arriva da Africa e Asia, soprattutto dall’islamico Bangladesh. Perché vitto, alloggio e stipendio sono garantiti. E’ piuttosto evidente.

La crisi economica ha portato a una riduzione delle donazioni attorno all’8-10%. Così, l’istituto si è lanciato nel business dell’accoglienza, monetizzando i lasciti di chi, ancora, crede di comprarsi il Paradiso lasciando palazzi al Vaticano. Ad esempio, a Sotto il Monte il Pime ha affittato l’ex seminario in gestione parziale alla Caritas di Bergamo per ospitare i migranti. Ed è un bell’investimento. Che pagate voi. Lo stesso stanno facendo in Sardegna.

Paolo Ballan, consigliere della direzione generale, abita in un bel palazzeto a Roma, e con lui, per integrare le entrate, vivono quattro migranti e così si apprestano fare in Sicilia. Perché, dice, come un manager qualsiasi: “Le strutture in eccesso in questo periodo è difficile venderle e allora le usiamo per il business l’emergenza profughi”.

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Anche i comboniani puntano sul business dell’invasione, tal padre Giovanni Munari, superiore regionale, è tutto eccitato: «In Sicilia sta partendo un progetto intercongregazionale per offrire alle diocesi una formazione interculturale, quanto mai necessaria in tempi di migrazioni di massa. La crisi del modello classico di missione ci porta a un momento di passaggio, in cui chi non si adegua viene spazzato via. Anche i movimenti laicali, forti dopo il Vaticano II, oggi sono in crisi, mentre emergono forme nuove, per esempio interreligiose. Questo ci apre a nuove opportunità. Il nostro ruolo resta quello culturale di creare una coscienza alternativa». Parla, anche lui, come un perfetto manager di una multinazionale.

Anche i famigerati comboniani, 1600, distribuiti in 46 Paesi, sono in calo in Italia, ma ci sono tanti africani in cerca di vitto e alloggio garantito, ed è lì che la multinazionale congregazione fa scouting.

La Chiesa si sta africanizzando. Sta abbandonando il Cristianesimo per una sorta di sincretismo terzomondista, tra stregoni e dollari. A loro piace l’immigrazione per due motivi: è un affare, e tampona la crisi delle vocazioni con l’ingresso di nuove leve africane più affamate di denaro che di religione.