L’ospedale abbandonato con i termosifoni accesi

Vox
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Roma – Strutture in completo abbandono e ormai decrepite, ma con i termosifoni accesi. Tutto a spese nostre. E poi escrementi e carcasse di animali nei corridoi.
Interi padiglioni di quello che era un ospedale vuoti. Solo pochi dipartimenti di medicina ancora frequentati dai pazienti.

E’ l’ospedale Forlanini di Roma, raccontato nel ‘Tour della sanità malata’ organizzato dal consigliere regionale del Lazio Fabrizio Santori, e giunto così alla 15esima tappa. “Il 90% delle strutture del Forlanini non è attivo, alcune aree ormai sono completamente inagibili per colpa di anni di degrado e abbandono”,

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“Il Forlanini – prosegue – è un patrimonio di inestimabile valore, (circa 28 mila metri quadrati coperti), che non può essere alienato essendo tra l’altro formalmente condizionato al vincolo di cessione dell’ex Pio Istituto per finalità benefiche e socio-sanitarie”. Già nel 2006, quando aleggiava sull’ospedale l’ipotesi di chiusura, per salvare il Forlanini nacque il comitato ‘Salviamo il Forlanini’, che raccolse 50 mila firme per chiedere la riconversione in ambulatori, residenze sanitarie per anziani, hospice e centro per disabili. “Ma da allora nulla a livello politico si è mosso – chiosa Santori – ci fu anche il grande impegno in prima persona del chirurgo toracico Massimo Martelli, tra i promotori della petizione e fiore all’occhiello del Forlanini”.

Secondo Santori “c’è un rischio incolumità per gli operatori e i cittadini che frequentano le poche strutture ancora aperte”, sottolinea il consigliere regionale.

“Il completo stato d’abbandono è un fattore di forte criticità per le condizioni igienico-sanitarie di molti locali”. Santori non si arrende e rilancia: “C’è la possibilità di valorizzare il Forlanini, non solo, come avviene oggi, con l’affitto di alcuni locali per la realizzazione di fiction e film, ma ad esempio con il trasferimento di strutture di interesse collettivo. Un’operazione che porterebbe – conclude – a un contenimento di costi di altre strutture su cui ora la Regione e altri enti pubblici pagano affitti salati”.