
La festa era stata «pubblicizzata» in una storia di Instagram. E così si sono presentati al party in una casa privata, pretendendo di entrare e fare baldoria. Ma erano ospiti indesiderati. Quando alle due di notte un uomo che abita nel condominio accanto ha chiamato la polizia per il troppo fracasso, due ventenni — leader di una delle baby gang che imperversa nel centro di Torino — sono finiti in manette. Con l’accusa di violazione di domicilio. Il loro arresto è stato poi convalidato. E il gip Stefano La Sala ha emesso anche una severa misura cautelare ai domiciliari: «Gli indagati sono soggetti che palesemente difettano della pur minima capacità di contenere i propri istinti prevaricatori e violenti». Vietato per loro ogni contatto con l’esterno e quindi anche la scuola.
È venerdì 4 febbraio. Un gruppo di adolescenti affitta attraverso un portale on line un appartamento in via Fratelli Calandra per una festa. Intorno alle 21 ha inizio il party: nell’alloggio ci sono una decina di giovani tra i 15 e i 20 anni. Alcuni sono di Torino, altri sono giunti da fuori città. Mezz’ora più tardi arrivano anche Nizar, Yassine e una dozzina di loro amici. Intorno alle due di notte, quattro ore dopo l’inizio della festa, la polizia è costretta a intervenire per il troppo fracasso. Quando arrivano gli agenti, un gruppo cerca di darsi alla fuga ma viene bloccato in cortile. Un altro è ancora all’interno dell’alloggio. A quel punto non resta che ricostruire quanto accaduto.
Emergono due versioni contrastanti. Gli organizzatori della festa raccontano: «Hanno suonato al campanello e sono sceso in strada. Il ragazzo con il giubbotto grigio Blauer e i jeans (Yassine) ha estratto un coltello con una lama di 13 centimetri e mi ha obbligato a dirgli in quale appartamento fosse la festa». Aggiunge un altro adolescente: «Quando ho provato a chiamare la polizia per mandarli via, il tipo con il giubbotto nero e la mano fasciata (Nizar) mi ha minacciato e mi ha costretto a riagganciare». Yassin, Nizar e i loro amici avrebbero quindi preso il controllo della serata, che ore dopo è degenerata. «Ho detto alle ragazze di chiudersi in camera, temevo potesse succedere qualcosa: sembravano ubriachi e fumati», racconta un adolescente. Che poi aggiunge: «Avevano un taser a forma di torcia. Uno di noi ha provato a uscire dalla camera, ma è stato colpito allo stomaco con un pugno». Il coltello e lo storditore elettrico non vengono trovati, ma gli agenti raccolgono le testimonianze e nei verbali descrivono la paura di parlare di alcuni ragazzi, che temono «ritorsioni da parte del branco che si vantava delle proprie azioni violente».
Perchè sei sceso in strada, giovane?
Sparare no?