Un’azienda tessile aveva 9 lavoratori in nero su 12 (pari al 75% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro); due attività commerciali avevano rispettivamente un lavoratore in nero su 2; un’altra azienda tessile 2 lavoratori in nero su 3 (pari al 67%); una stireria 4 lavoratori in nero su 8; un’azienda che lavora marmi 2 lavoratori in nero su 9.
Sono solo alcune delle irregolarità scoperte dai carabinieri del nucleo operativo del gruppo per la tutela del lavoro di Roma e del nucleo ispettorato lavoro di Reggio Emilia, che hanno eseguito una mirata e minuziosa attività di controlli nei confronti di una dozzina di aziende con sede a Reggio e provincia, per contrastare il lavoro nero e l’occupazione di manodopera clandestina.
I risultati: il 40% (con punte anche del 75% in alcune aziende) della forza lavoro della maggior parte degli opifici controllati è risultata essere in nero (20 dipendenti su 49, di cui 3 clandestini). Sono state contestate sanzioni amministrative per circa 50.000 euro, accertate omissioni contributive per svariate migliaia di euro ancora in fase di quantificazione.
I carabinieri hanno anche emesso sei provvedimenti di sospensione delle attività imprenditoriali nei confronti di altrettante aziende, 2 imprenditori sono stati denunciati alla Procura reggiana per occupazione di manodopera clandestina e altri 3 denunciati alla stessa autorità giudiziaria per aver installato presso le rispettive sedi aziendali impianti di videosorveglianza idonei al controllo a distanza dei lavoratori, senza la prescritta autorizzazione, in spregio alle norme sullo statuto dei lavoratori.
Le aziende (4 opifici tessili, 2 stirerie, 4 attività commerciali e un’attività di lavorazione marmi) sono risultate essere tutte essere gestite da cittadini cinesi e, contrariamente a quanto verificato nel corso di analoghe attività, le stesse versavano in condizioni igienico-sanitarie ritenute nella norma.
