Due femminicidi in un colpo solo. Ma pochi ne parlarono al tempo. Oggi il marocchino è stato condannato all’ergastolo. Ma il suo obiettivo lo ha raggiunto: ha figliato con un’italiana e poi l’ha uccisa.
La Corte d’assise di Arezzo ha condannato all’ergastolo Jawad Hicham, 38 anni, marocchino, accusato di aver ucciso a coltellate la moglie Sara Ruschi, 35 anni, e la suocera Brunetta Ridolfi, 76. Che era intervenuta nel tentativo di difendere la donna, nella tragica notte tra il 12 e il 13 aprile nel capoluogo toscano. Il duplice delitto avvenne nell’appartamento di via San Lorentino, dove la coppia viveva con i due figli di 16 e 2 anni. A dare l’allarme era stato il figlio maggiore. Il pm aveva chiesto l’ergastolo.
Le mani insanguinate, la mattanza del marocchino: così ha sgozzato moglie e suocera italiane
Nel corso della requisitoria di questa mattina alla Vela del Tribunale di Arezzo, la pubblica accusa ha ripercorso le vicende di quella tragica notte . Soffermandosi su quello che, per il pm, è stato il motivo scatenante dell’aggressione fatale: lo scambio whatsapp tra Sara e Hicham: dormivano separati (lei in camera con la bimba, lui sul divano letto) e l’ultimo messaggio è delle 0,52. Un crescendo di accuse e offese reciproche tra due persone che erano in fase di separazione. Una separazione che l’uomo, prospettandosi per lui il fatto di dover lasciare la casa familiare, probabilmente non accettava. A quel punto – per un messaggio che l’aveva ferito nell’orgoglio – è iniziata la mattanza con il coltello di Jawad. Dopo pochi minuti la telefonata al 112 del figlio della coppia.
La furia omicida è stata furibonda. Una ventina le coltellate inferte alla donna, tre quelle alla madre di Sara Bruschi. Dopo il duplice omicidio, Jawad Hicham uscì dall’abitazione, in stato di shock, gridando “le ho ammazzate, le ho ammazzate”. Sara Bruschi, un mese prima di morire, aveva cacciato di casa il 38enne per poi riaccoglierlo una decina di giorni prima dell’aggressione fatale. Uno degli agenti corse nell’abitazione: sulle scale una scena atroce: il figlio 16enne della coppia con in braccio la sorellina lo chiamava a gran voce. Le due donne erano nella camera da letto: Brunetta per terra, Sara riversa sul letto. La 35enne non era ancora morta: sarebbe spirata pochi minuti dopo, all’ospedale San Donato.L’autopsia ha poi svelato che sul corpo di Sara furono affondate 23 coltellate, due delle quali furono fatali. Secondo il medico legale, la giovane mamma potrebbe aver ricevuto anche un colpo al volto. I fendenti che raggiunsero Brunetta invece furono 3.
La difesa dell’uomo aveva chiesto che il 38enne fosse sottoposto a perizia psichiatrica, istanza però rigettata dalla Corte d’Assise. Nell’arringa finale l’avvocato aveva chiesto che non fosse riconosciuta l’aggravante del legame parentale e la possibilità di accedere al rito abbreviato. La corte d’Assise ha rigettato inoltre la richiesta di giustizia riparativa avanzata dall’avvocato difensore, Maria Fiorella Bennati. Perché in questo momento non ci sono strumenti per metterla in atto e la richiesta potrà essere presentata successivamente. L’avvocato Panduri ha poi avanzato le richieste di risarcimento per i figli della coppia: in via provvisionale 480mila euro per la bimba di 2 anni, e 430mila per il 16enne.
Arezzo, ergastolo per il marocchino che uccise moglie e suocera