Benedetto XVI, cosa pensava Ratzinger: “E’ invasione islamica”

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Quanto è condiviso il pensiero filoislamico di Bergoglio nella Chiesa? Di sicuro non dal suo predecessore, Benedetto XVI che ci ha lasciati soli oggi, l’ultimo giorno del 2022:

E’ MORTO IL VERO PAPA BENEDETTO XVI: IL DISCORSO DI RATISBONA CONTRO L’ISLAM

“Le città sono già occupate”. Dagli islamici, dall’islam radicale. Spiegava tempo fa Samir Khalil Samir, islamologo e consigliere di Benedetto XIV per i rapporti con l’islam. In un lungo articolo, in cui il docente al Pontificio Istituto Orientale di Roma tratteggiava l’invasione in atto dell’Europa cristiana.

“Le città sono già occupate – scrive – gli immigrati vanno a stabilirsi attorno alla città e la conseguenza più banale è che si formano dei quartieri abitati solo da immigrati”. Così si formano le Molenbeek di tutta Europa. Quartieri dove la sharia diventa legge. E dove i musulmani la fanno da padroni. Si radicalizzano, fanno proselitismo. E l’Europa, gli Stati restano a guardare. Il motivo, spiega Samir, è che gli occidentali non hanno capito che “l’Islam non è una religione nel senso cristiano della parola”. “Per noi la religione è un rapporto personale tra me e Dio – aggiunge – nel sistema islamico, la religione è tutto. È un progetto globale: spirituale, sociale, intellettuale, familistico, economico, politico e militare. Include il modo di mangiare, di vestirsi, di stare con gli altri, di vivere. L’islam entra in ogni cosa”.

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Questo sistema è quello “wahabita, salafita o dei fratelli musulmani. Tutti vanno nella stella linea, e cioè di imporre un modo di essere musulmano. E questo determina che un quartiere, una città, o un paese intero divenga sempre più diretto da questo gruppuscolo che ha un progetto chiaro e determinato, nonché spesso finanziato dai ricchi paesi petroliferi”. Per riuscire a conquistare le città italiane c’è bisogno di una moschea. E così la mettono al centro del loro progetto. La pretendono dalle autorità statali. E fanno di tutto per farsela concedere. Fanno preghiere in piazza, occupano le strade per invocare Allah. Quando la ottengono, poi, la trasformano in un centro di propaganda islamista con “volumi fatti a mero scopo propagandistico”. Il problema – sentenzia l’ex consigliere di Ratzinger – “è che gli europei pensano che una moschea sia come una chiesa. Ma nella chiesa si prega, non si fa politica”.

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Ecco quindi la differenza tra cristianesimo e islam: il primo “dice la sua, ma non ha la possibilità di fare pressione sulla gente”; il secondo, invece, permea tutta la vita degli aderenti alla comunità. “C’è una sorta di ricatto, uno scambio: usano tutto a fini politici”: come le proteste per le moschee troppo piccole, o il fatto che lo Stato non dia la stessa dignità al cristianesimo e all’islam. Ma è un ricatto. Il ricatto islamista. “La verità – scrive Semir – è che siamo incoscienti: se si impediosce di occupare le strade, passa l’idea che si sia anti-musulmani. Invece è solo una norma di buon senso. Gli islamisti, i fondamentalisti islamici usano tutti i mezzi per imporsi”. “I gruppi radicali – continua – hanno come scopo principale di diffondere la loro visione dell’islam, perché per loro è quello l’autentico islam. Di conseguenza questi quartieri che un tempo erano misti, diventano quartieri musulmani radicali”.

“Lo Stato – scriveva – deve spigare agli immigrati che ci sono delle condizioni necessarie da rispettare, prima di tutte la necissità d’imparare la lingua nazionale (…) e che ci si comporta non solo secondo le leggi, ma anche secondo le norme e le usanze delle nostre società”. Poi aggiunge: “È banale ricondurre l’ondata integralista nelle banlieue a problemi socio-economici. Riflettiamo sulla disoccupazione: sono disoccupati perché non hanno imparato un mestiere in modo corretto, in modo da essere ricercati e non rigettati”.

Nei musulmani c’è la “volontà di marginalizzarsi. Bisogna confrontarsi con un fatto chiaro: l’Europeo è diverso dal musulmano nella sua mentalità. La causa di ciò non è lo Stato: la causa sono io, musulmano, che rifiuto l’integrazione in nome della fede”.

“Papa Francesco viene dall’Argentina, non conosce l’Islam. Ha conosciuto a Buenos Aires un imam molto gentile e con lui ha avuto una buona relazione ma la sua ignoranza dell’Islam non giova al dialogo. Bergoglio ha detto spesso che l’Islam è una religione di pace e questo è un errore, semplicemente».

«Non posso leggere il Corano e pretendere che sia un libro il cui orientamento è la pace. E neppure la Sunna, il libro dei detti e delle gesta di Maometto». Con Francesco padre Samir si è incontrato privatamente nel giugno dello scorso anno. «Mi ha spiegato che lo scopo dell’incontro con il rettore di al-Azhar, l’imam Al Tayyeb è dovuto alla riconciliazione con lui dopo la rottura dei rapporti innescata dal discorso sull’Islam a Ratisbona di Joseph Ratzinger. Questo è necessario, è vero ma penso anche che lui non sa molto dell’Islam né di al-Azhar e proietta su di loro dei buoni intenti».

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«L’imam di Al-Azhar aveva interrotto il dialogo con il Vaticano per sei anni con motivazioni ridicole. Per due volte emissari della Santa Sede non erano stati neanche ricevuti. Grazie all’atteggiamento aperto di Bergoglio, l’imam ha cambiato le sue posizioni e ora è pronto ad accoglierlo al Cairo», riconosce Samir che però ricorda anche la limitata influenza di al-Azhar. «Lo è solo sul mondo sunnita mentre il grande problema oggi dell’Islam è proprio la divisione tra sunniti e sciiti. Inoltre Al-Azhar non è un’università generalista ma un centro teologico e di diritto islamico con un insegnamento che si limita alla lettera dei testi senza analisi critica e un’interpretazione aggiornata. Su molte cose è ferma a concetti medievali».