E’ il Mondiale dei calciatori senza identità: scelgono la nazionale a convenienza

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Tunisia-Francia è stata una sfida che descrive bene il brutto calcio di oggi. Metà dei calciatori francesi non sono francesi di sangue, sono figli di africani dell’Africa nera nati o cresciuti in Francia. Ma anche dodici dei componenti della rosa nordafricana erano in realtà calciatori nati e cresciuti in Europa, di cui la maggior parte – dieci – francesi.

Per fare un raffronto, la squadra tunisina che nel 1978 conquistò per la prima volta una qualificazione ai Mondiali non ne aveva nemmeno uno. Quella di allora era la squadra di campioni locali come Tarek Dhiab, mentre quella attuale si affida all’estro di Wahbi Kahzri, nato e cresciuto in Corsica, figlio di genitori tunisini.

Poi ci sono casi particolari: i fratelli Williams giocano uno per la Spagna. e l’altro per il Ghana. Simile a quanto accadeva coi fratelli Boateng: con la Germania al posto della Spagna.

E’ facile capire come funziona e non ha a che vedere con il richiamo del sangue o meno: i più forti scelgono di giocare per le nazionali più forti mentre i più scarsi optano per le nazionali che dovrebbero rappresentare anche gli altri.

Non è solo la Tunisia, anzi il trend è ormai abbastanza diffuso in quasi tutte le squadre africane, dal Marocco – le cui stelle sono tutte europee, dallo spagnolo Achraf Hakimi all’olandese Hakim Ziyech – all’Algeria, ma anche tra le selezioni dell’Africa sub-sahariana come Camerun e Senegal. Anzi, è proprio da quest’ultima che è partita la rivoluzione: nel 2000, Bruno Metsu divenne il ct di una nazionale di scarso valore internazionale, e iniziò a battere i campi francesi alla ricerca di calciatori di origini senegalese da convocare con la sua nuova squadra. Due anni dopo, il Senegal raggiungeva la sua prima finale di Coppa d’Africa e, pochi mesi dopo, esordiva ai Mondiali battendo a sorpresa proprio la Francia.

Da allora, i Leoni della Teranga si sono costruiti una solida tradizione nel calcio, che mescola figli dell’immigrazione e campioni locali, i Koulibaly e i Mané. Ma considerando il fenomeno nella sua globalità appare sempre più evidente come oggi il calcio africano appaia in crisi: nelle nazionali di tutto il continente i giocatori nati e cresciuti – culturalmente quanto calcisticamente – in Europa sono sempre più numerosi, e spesso rappresentano i migliori elementi delle squadre in questione. L’Algeria che nel 1982 debuttava ai Mondiali vincendo contro la Germania Ovest era una squadra locale con stelle locali (Belloumi, Madjer), totalmente diversa da quella di oggi, che vanta un campione di caratura internazionale come Riyad Mahrez, nato a Sarcelles e divenuto calcisticamente algerino solo nel 2014, all’età di 23 anni.

La storia di Mahrez è abbastanza esplicativa: la sua decisione di rendersi eleggibile per la nazionale dei suoi genitori è stata dovuta alla mancata considerazione ricevuta dalla Francia. Ma per un Mahrez che viene lasciato andare dagli osservatori della Federcalcio di Parigi, ci sono gli Zidane e i Benzema che invece diventano giocatori fondamentali dei Bleus.

Vivono tra noi ma non sono come noi. Scelgono dove giocare a seconda dell’interesse personale: ma sono e sempre saranno africani.

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Con dieci giocatori su 26 nati in Francia, la partita tra i transalpini e la Tunisia in Qatar in occasione del Mondiale avrà un profumo di derby.

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Il portiere, classe ’95, Mouez Hassen, è nato a Frejus e ha giocato tra le altre squadre a Nizza e a Chateauroux; il difensore centrale, classe ’98, Montassar Talbi è nato a Parigi e gioca a Lorient; Nader Ghandri, classe ’95 è nato a Aubervilliers e ha giocato nel passato a Arles-Avignon; Dylan Bronn, classe ’95, è nato a Cannes e gioca attualmente alla Salernitana dopo aver giocato al Metz.

Wajdi Kechrida, classe ’95, è nato a Nizza. Hannibal Mejbri, Classe 2003, che attualmente gioca al Birmingham City, è nato Ivry-sur-Seine mentre Aissa Laidouni, classe ’96, è nato a Livry-Gargan. Ellyes Skhiri, classe ’95, è nato a Lunel e gioca attualmente al Fc Colonia. Wahbi Khazri, classe ’91, è nato ad Ajaccio e ha militato nel Bastia, nel Bordeaux e ora gioca nel Montpellier. Naim Sliti, classe ’92, è nato a Marsiglia e ha giocato nel passato nel Red Star e nel Lilla.

Nella Tunisia giocano altri due giocatori che hanno anche la nazionalità tedesca, Mohamed Drager, e danese, Anis Ben Slimane.

Il Marocco, ad esempio, sta sviluppando una strategia simile e ha una quindicina di giocatori con la doppia nazionalità in Qatar 2022 (tra cui Walid Cheddira che è nato in Italia a Loreto e che è l’attuale attaccante del Bari).

In Tunisia è stato addirittura creato un comitato incaricato di convincere i più promettenti giocatori con la doppia nazionalità, a optare per la maglia tunisina.

Tunisia ma non solo. Anche nel Senegal di Qatar 2022 ci sono 9 giocatori nati in Francia, nel Camerun ce ne sono 8 e nel Ghana ce ne sono 4.

Questo è solo apparentemente un fenomeno del calcio, ma riguarda invece in primo luogo la società moderna. Questi giocatori dall’identità ibrida sono figli dell’emigrazione economica dall’Africa verso l’Europa, e in senso più ampio del fallimento dell’integrazione.

E’ chiaro da che parte stanno i figli degli immigrati, basti pensare a cosa hanno combinato a Bruxelles i nipoti dei marocchini dopo la vittoria della loro vera nazionale contro il Belgio, ed è anche chiaro che si dicono ‘europei’ solo per interessi come fanno i loro più famosi fratelli di sangue quando scelgono nazionali europee invece di quelle africane: non per ‘integrazione’, ma per interesse.

Tutto il contrario di quanto fatto da Volpato, ad esempio: l’italiano d’Australia che pur di essere convocato dall’Italia ha rinunciato ad un mondiale con la nazionale del paese dove è nato e cresciuto. Questione di sangue.




2 pensieri su “E’ il Mondiale dei calciatori senza identità: scelgono la nazionale a convenienza”

  1. Il calcio è sempre lo specchio della società. La cosa forse persino più preoccupante è che stiamo rendendo miliardarie persone come Benzema o Pogba, islamici che hanno sempre dimostrato la loro vicinanza a quel sistema di “valori”, tipo quando rifiutarono di posare per la foto che la Nazionale francese (chiamiamola così) avrebbe dovuto scattare a sostegno della libertà di parola dopo la decapitazione di Samuel Paty.

  2. Quando vi parlano di società ‘fluida’, non intendono solo le checche che si vestono da donna o donne che si rasano i capelli e fanno crescere i peli sulle ascelle, ma anche questa roba qui.
    Per i pervertiti tutto deve essere fluido, l’identità sessuale come quella culturale ed etnica, così come le frontiere devono essere aperte, come i culi.
    Il fatto che si sottolinei poi il culo, egualitario, poiché lo hanno tutti, come summa del piacere, ma sterile di figli e sporco di infezioni, è un altro segnale. I simboli sono importanti, ma non tutti hanno le facoltà, o l’onestà, intellettuale di ammetterlo. Altri non ne hanno l’interesse perché puntano decisamente a determinati obiettivi.

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