L’Ammiraglio di divisione Nicola De Felice ha stilato un decalogo che spiega come fermare le navi delle organizzazioni non governative che coinvolgendo lo Stato di bandiera, per “evitare che l’Italia diventi l’unico scalo d’alaggio europeo”. Secondo l’ammiraglio, l’Italia dovrebbe intervenire, non solo quando le ong violano le nostra acque, ma appena mettono chiglia nel Mediterraneo Centrale.
Punto primo, “convocare immediatamente l’Ambasciatore dello Stato di bandiera nel momento dell’ingresso di una nave Ong nel Mediterraneo centrale. Punto secondo, raccomandare allo Stato di bandiera della nave Ong di far dirigere l’imbarcazione verso il porto indicato dallo Stato che coordina il soccorso, “altrimenti – rimarca De Felice -far dirigere la nave verso un porto tunisino qualora fosse più vicino. E questo punto, in realtà, viene sempre attivato da quando c’è Salvini. Solo che le ong rifiutano di obbedire anche allo Stato di bandiera.
Terzo punto, nel caso in cui le Convenzioni internazionali venissero infrante, sollecitare lo Stato di bandiera a prendere provvedimenti coercitivi verso nave ed equipaggio; punto quattro, “ingiungere lo Stato di Bandiera di avviare immediatamente la procedura di protezione internazionale dei migranti al loro primo passaggio illegale a bordo della nave e quindi sul suo territorio”, sottolinea l’ammiraglio.
Punto 5, definire reato internazionale l’operato della nave; punto 6, “considerare la nave Ong quale ‘nave pirata’ in attività di concorso interno o esterno alle attività di tratta di esseri umani”.
In caso di non adesione ai punti precedenti, con il punto sette è necessario “ritenere decaduto l’ ordinamento giuridico dello Stato di Bandiera ed inviare una nave militare e applicare l’ordinamento giuridico dello Stato italiano”.
Quindi, al punto 8, invoca l’attuazione del diritto di visita, ispezione a bordo e nel caso in cui venissero ravvisate le infrazioni, bisogna prendere possesso della nave “con equipaggio militare, arrestare il comandante e l’intero equipaggio, spiccare un mandato di cattura internazionale verso l’armatore”.
Punto 9, se l’ong insiste sul “dirigere verso un porto italiano per sbarcare i ‘naufraghi a pagamento’, si deve confiscare la nave”. E questo ora avviene anche con il decreto sicurezza bis.
Infine, punto 10, “applicare il Codice di Navigazione italiano”, per chiedere allo Stato di Bandiera il rimborso di tutte le spese sostenute dall’Italia per fronteggiare il caso aperto dalla nave che fa a loro riferimento.
In pratica, il decalogo ricalca il decreto sicurezza bis per quanto riguarda l’ingresso in acque nazionali, ma agisce in modo proattivo andando a colpire le navi pirata già mentre sono a pesca in Libia.
Ps. Aggiungiamo un punto 11 che risolverebbe il problema una volta per tutte: operazioni sotto copertura in stile israeliano che danneggino le navi costringendole ad entrare in acque libiche. E poi ci penserebbe il governo di Tripoli a mettere fine al traffico. Lì non ci sono toghe rosse.
non lo può fare uno stato e nemmeno un governo , sono anni che ormai dico quello che voi avete appena elencato . Questo servizio lo puo fare solo un gruppo di contras senza anelli di congliunzione con un specifico stato .
Se lo Stato, per caso, avesse venduto qualcosa “in nero” si potrebbe avere un capitolo di spesa dedicato a questo. Visto che uno Stato saggio avrebbe sicuramente dei soldini da spendere in segreto possiamo stare tranquilli. Sì, sì.