La colpa di Calderoli, se di colpa si tratta, sarebbe quella di avere notato delle presunte somiglianze tra Kyenge e un orango.
C’era anche Roberto Calderoli martedì mattina nel tribunale di Bergamo, dove è ripreso il processo a suo carico per la presunta diffamazione aggravata dall’odio razziale per la frase pronunciata dal palco della festa della Lega di Treviglio il 13 luglio 2013, contro la Kyenge:
“Amo gli animali – disse davanti a 1.500 persone -, orsi e lupi, com’è noto. Ma quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di un orango”.
Una frase che fece ridere i presenti, ma che portò anche all’apertura – meno di una settimana dopo – di un procedimento penale nei confronti del vicepresidente del Senato.
Bizzarro. Una battuta di cattivo gusto? Sì. Odio razziale? No. A meno che notare presunte somiglianze dando un giudizio estetico possa essere un reato. In questo caso, dovrebbero finire in galera il 99 per cento dei caricaturisti e comici.
L’esponente lumbard si era poi scusato, ma il procedimento è ripreso martedì 10 luglio, dopo il via libera del marzo scorso da parte della Corte Costituzionale (“E’ giusta l’insindacabilità, cioè il fatto che un parlamentare non debba rispondere in tribunale delle proprie opinioni, ma il principio non può essere esteso sino a ricomprendere gli insulti, categoria nella quale rientrano i paragoni fra una senatrice e un orango”).
Calderoli martedì mattina ha riposto per quasi mezz’ora alle domande dei pm Gianluigi Dettori e Maria Cristina Rota, difendendosi dall’accusa contestata: “Ho parlato al plurale, esistono le trascrizioni per poter controllare, ce l’avevo con gli esponenti del governo Letta e con le loro politiche migratorie – ha dichiarato in tribunale il leghista -. La mia battuta è stata fatta per far capire che erano come degli elefanti che si muovono in un negozio di cristalli, compiono cioè danni. Volevo solo divertire i militanti che a luglio non erano in ferie. Ribadisco che non era mia intenzione offendere Cecile Kyenge, né tantomeno avevo nei suoi confronti una volontà discriminatoria e razzista, che è contraria alle mie convinzioni”.
Durante la deposizione, Calderoli ha anche aggiunto che una settimana fa ha ricevuto una lettera dal legale di Cecile Kyenge: chiedeva, per mezzo di una transazione, la somma di 250mila euro come risarcimento del danno per la sua assistita.
Il processo contro il vicepresidente del Senato riprenderà il 17 settembre.
Va abolita la famigerata legge Mancino. E’ ridicolo che qualcuno finisca a processo e qualcun altro possa fare soldi solo perché nero.
Non era presente la Kyenge. E nemmeno l’orango. Impossibile un confronto all’americana.
Sarebbe bello che questo governo, il migliore possibile nell’Italia odierna, fosse in grado di spazzare via la legge Mancino.
Ma la presenza del M5S, in particolare nelle sue frange più sinistrorse, impedisce una linea coerente.
E come se non bastasse l’opinione pubblica italiana è stata drogata dal veleno del “politically correct” per vent’anni, quindi la cura potrà esserle somministrata solo con gradualità.
Senz’altro Salvini ha le idee chiare su tutto e fosse per lui le politiche sovraniste del governo sarebbero ben più nette ed efficaci in tutti i campi, dall’immigrazione, all’uscita dall’euro fino alla libertà di cura in campo medico e la libertà vaccinale.
Ma il popolo non è ancora pronto.
Ha ragione Vox quando ripete che sarà fondamentale depurare i mass media nostrani dalle zecche rosse, perchè i giornali e soprattutto la tv mainstream hanno un ruolo fondamentale nella disinformazione della gente.
la cosa migliore da fare è sbrigare le cose più urgenti per poi andare a nuove elezioni, dove la Lega si libererebbe anche dei pesi morti “grilloidi”. In caso di nuove consultazioni la Lega stravincerebbe, andando a governare da sola, senza la zavorra, FDI e Farsa Italia inclusi.
L’unico ostacolo rimarrebbe l’abusivo al colle.