Nardodipace. Ci sono 160 guardie forestali su un totale di 1300 abitanti, praticamente ce n’è uno in ogni famiglia. La misera economia del paese, aggrappato ai monti delle Serre, è praticamente tutta qua.
Tre bar e un negozio di alimentari. Una stazione dei carabinieri e una scuola dove ci sono tre classi: una per l’asilo, una per l’elementare e una per la media. Il paese è finito.
La prima volta che vinse la maglia nera fu nel 1989, all’epoca venne certificato un reddito medio annuo di 3 milioni di lire, Portofino che risultò il comune più ricco arrivava a 35 milioni di lire. «Non c’è artigianato, l’agricoltura è solo di sussistenza, di industria non ne parliamo proprio. Non so se siamo il paese più povero di sicuro siamo i più emarginati», così sintetizza la realtà Antonio De Masi che di Nardodipace è stato sindaco per dieci anni a cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del nuovo millennio. «Anni fa – spiega – si puntò tutto sul pubblico impiego, sulla forestazione in particolare, la speranza era che da quell’assistenzialismo si potesse rendere la comunità sempre più autonoma, creando attività private, cooperative. Non è andata così». L’assistenzialismo non crea ricchezza e autonomia, crea dipendenza.
L’anno scorso il Comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. L’ultimo sindaco Romano Loielo è stato arrestato, mentre era in carica, per truffa. Era già successo nel 2011 quando il ministero dell’Interno sciolse il Comune per l’assunzione a tempo determinato di altre decine di forestali che avrebbero dovuto valorizzare i boschi di proprietà comunale. Ancora.
Dopo le alluvioni del 1953 e del 1972 l’abitato venne interamente ricostruito. Con l’amianto. Tutte le case nuove con i tetti in eternit. Così da decenni circa l’80% degli abitanti vive con l’amianto sulla testa.
Nel 2002, un incendio nel bosco portò alla luce quella che viene definita la «Stonehenge» italiana, una serie di monoliti risalenti a seimila anni fa. Un sito archeologico che avrebbe potuto portare turisti e quindi un po’ di economia. A coltivare quel sogno è rimasta solo Graziella. Sul sito del Comune c’è il suo numero di telefono, è l’unica a conoscere e raccontare i segreti di quelle pietre, l’offerta per farsi accompagnare è libera. Ma «questa estate – ci dice – sono venuti solo due gruppi».
Con posti economicamente depressi come questo, è il caso di pensare ai ‘poveri’ clandestini o di attuare un serio piano di rinascita economica e sociale?