Deputata PD a processo su Mafia Capitale: “Non ricordo”

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Dai contributi elettorali al Pd, per sè e per l’ex marito Daniele Ozzimo all’incontro organizzato con il viceministro degli Interni Filippo Bubbico di cui “ignoravo l’argomento”. Fino ad arrivare alla richiesta di trasloco per il cognato. La deputata Pd Micaela Campana, finita nell’inchiesta su Mafia Capitale per aver inviato a Salvatore Buzzi anche un sms dal testo ‘Bacio, grande capo’, ha deposto ieri la sua testimonianza nell’aula bunker di Rebibbia. Poco prima, l’interrogatorio di un altro della banda, l’ex garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni.

Avrebbe potuto avvalersi della facoltà di non rispondere, in qualità di ex moglie di Daniele Ozzimo, ex assessore della Giunta Marino, indagato nel medesimo processo e condannato a due anni e due mesi. Ma la deputata ha preferito “non ricordare”.

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I numerosi casi in cui ha ricorso a un “non ricordo” hanno fatto scattare la reazione della presidente della Corte Rosanna Ianniello che l’ha ‘invitata’ più volte a “dire la verità”. E poi: “Lei è una persona giovane. Come è possibile che non ricordi cose di pochi anni fa?”. Nel Pd accade questo e altro.

“In aula si è parlato molto, dall’interrogazione parlamentare sollecitata da Buzzi per il Cara di Castelnuovo di Porto, ‘che non ho mai presentato’, fino all’incontro, richiesto sempre da Buzzi, con il viceministro agli interni Filippo Bubbico, ‘di cui ignoravo l’argomento'”. Nel corso dell’udienza si è parlato anche di un trasloco del congnato della deputata effettuato dai lavoratori della 29 Giugno.

“Di fronte ai giudici, la Campana, non indagata, non ha saputo fornire spiegazioni su una lettera di Buzzi indirizzata al premier Matteo Renzi, di cui l’ex presidente della 29 giugno le parlava in un sms: ‘Bonifico fatto, ho preparato la lettera per il premier’. Il messaggio porta la data del 7 novembre 2014 e precede la cena di finanziamento da mille euro a persona organizzata dal Pd nazionale, a cui Buzzi partecipò, prenotando un tavolo per 5. ‘Dissi a Buzzi della cena – ha precisato Micaela Campana – ma lui era stato già contattato dal Pd romano. Io gli indicai solo il numero del conto corrente. Alla cena ricordo le persone della coop, non ricordo se fosse presente anche lui. A me non ha consegnato nulla’”. L’appellativo ‘Capo’? “Era solo un modo rispettoso di rivolgersi ad una persona più grande di me”. E ancora. “Avevo scritto capo perché era a capo della più importante coop sociale del centro sud”.