Il calcio moderno come specchio di una realtà degradata

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In Serie A ci sono 302 stranieri, il 57.9% del totale, con Brasile e Argentina nazioni più rappresentate. Anche il calciatore, è un lavoro che gli italiani non vogliono fare, apparentemente.
Ovviamente non è così, e allora, per il principio di equivalenza, è probabile che anche nel caso degli altri ‘lavori che gli italiani non vogliono fare’, i motivi siano altri: soldi. Pescare nel terzo mondo sportivo rende, perché puoi pagare poco e guadagnare in prospettiva, più semplice e remunerativo razziare Brasile e Argentina che allevare in casa. Come più remunerativo è assumere romeni come muratori e africani come schiavi.

L’Italia non è un caso isolato. Se è vero che siamo al terzo posto nella classifica dei campionati europei che danno più spazio agli stranieri, è anche vero che i numeri sono drogati. La Serie A con il 57.9% di giocatori non italiani utilizzati è preceduta da Inghilterra (66.4%) e Belgio (59.1%). Ma a parte la Spagna, dove è dovuto principalmente allo stacco che c’è tra le prime 3 squadre e tutto il resto, Francia e Olanda hanno meno stranieri, perché gli stranieri sono diventati ‘francesi’ e ‘olandesi’.

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La pulizia etnica ha colpito soprattutto la Premier League, devastata dai soldi delle televisioni. Qui ci sono quasi due terzi di stranieri (esclusi, tra l’altro, i finti inglesi), quando nella stagione 1992-93 c’erano solo 12 giocatori non britannici o irlandesi: era un’altra epoca, quando si poteva parlare di ‘calcio inglese’.

A livello mondiale il numero di stranieri è in costante aumento: nella stagione 1985/86 erano solo il 9.1% del totale e 10 anni dopo (1995/1996, l’ultima senza gli effetti del caso Bosman) la quota era praticamente raddoppiata. Il grande salto avviene nei campionati successivi (nel 2000-1 il balzo fino al 35,6%) mentre nell’ultimo decennio l’aumento è stato graduale ma privo di improvvise accelerazioni.

In questo modo, come con la Globalizzazione in altri campi, si stanno perdendo le peculiarità nazionali, mischiando tutto in un indifferenziato calderone che ha annullato la bellezza di avere scuole calcistiche che poi si confrontavano in ambito europeo e mondiale. Tutto questo è perduto. Per ora, fino al collasso. E pochi lo comprendono.