Migranti e fanatici contro Lombardia: “Reddito Cittadinanza favorisce italiani”

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Discriminano i cittadini stranieri, penalizzandoli. E’ la bizzarra teoria di due demenziali associazioni di collaborazionisti dell’invasione, l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione e Avvocati Per Niente, per quanto riguarda i requisiti per accedere al bonus bebè e ai contributi per l’affitto in Lombardia. Vanno cambiati, dicono, per favorire gli immigrati.

Così hanno depositato due giorni fa al Tribunale di Milano un ricorso contro la Regione. Contro due delibere regionali che disciplinano altrettanti interventi del “reddito di autonomia” introdotto in via sperimentale lo scorso ottobre dalla giunta Maroni: è il famoso reddito di cittadinanza in salsa leghista.

Asgi e APN puntano il dito contro la residenza da almeno cinque anni in Lombardia indispensabile per i genitori che chiedono il bonus bebè (800 euro per ogni neonato).

Da cabaret le loro riserve, ma è probabile che qualche magistrato da cabaret le ritenga realistiche: “È in contrasto con la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo che vieta differenze di trattamento dei minori in relazione alla condizione dei genitori, ivi compresa la condizione di migrante interno o esterno”.

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Qundi, non solo si è costretti a dare soldi agli immigrati perché sfornino futuri jihadisti come in Francia, ma non devi nemmeno mettere paletti.

Gli immigrati sono particolarmente penalizzati anche perché quel requisito serve a entrambi i genitori. Le coppie straniere, però, non arrivano unite in Italia. In genere, si legge nel ricorso, “uno apre la strada dell’esperienza migratoria e l’altro segue – normalmente a distanza di anni – con ricongiungimento familiare”.

Ed è proprio il ricongiungimento familiare il mezzo preferito dai terroristi islamici. E un mezzo di distruzione demografico delle nostre identità.

Anche il “Fondo regionale affitti”, che dovrebbe aiutare le famiglie in difficoltà, discrimina gli immigrati, dicono le due associazioni di fanatici. Prevede infatti solo per gli stranieri che debbano avere un lavoro (ma pensa, addirittura si pretende che l’immigrato lavori) e il permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo, la cosiddetta carta di soggiorno. Inoltre, insistono, agli stranieri non si chiedono solo cinque anni di residenza in Lombardia, ma ‘addirittura’ dieci in Italia.

Poi la dimostrazione di come queste associazioni siano ideologicamente pappa e ciccia con i padroni del vapore: “Quei requisiti non favoriscono la mobilità delle persone in base alle richieste del sistema produttivo”. Vogliono la mobilità, odiano le tradizioni e la resistenza delle comunità, in nome di un capitalismo spinto.