Una spiegazione biologica al buonismo: l’insula anteriore e l’antirazzismo patologico

Vox
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Questa interessante ricerca ci permette di affrontare il tema dell’altruismo patologico. Una vera e propria patologia psichiatrica:

Ecco perche’ gli anziani spesso, si fanno imbrogliare e rimangono vittime di malintenzionati che suonano alla porta spacciandosi per addetti del gas o della luce: nel cervello degli anziani un’area chiave che serve a discernere le intenzioni dell’interlocutore, se una persona e’ onesta o no, l”insula anteriore’, un antico ‘meccanismo d’allarme’ che abbiamo in dotazione per difenderci dai pericoli e dagli estranei non funziona in modo normale. Lo dimostra una ricerca condotta da Shelley Taylor dell’Universita’ di Los Angeles, pubblicata su Pnas.

Discernere i membri del gruppo, dei quali possiamo avere fiducia, dai semplici estranei è un tratto fondamentale dell’evoluzione umana. Agli albori dell’homo sapiens è stata decisiva la capacità di riconoscere i “nostri” rispetto ai “loro”.

Le aree dell’insula nel cervello di un giovane e di un anziano

Legata a questa capacità è l’attivazione di alcune aree del cervello. Questo primo studio sugli anziani ha dimostrato come, con l’età, diminuisca l’attività de “l’insula anteriore”, rendendo quindi le persone meno consapevoli del pericolo che un altro può rappresentare.
E’ interessante notare che questa caratteristica è condivisa dalle persone affette da una particolare sindrome, quella di Williams.

Uno studio ha infatti dimostrato che gli affetti da questa malattia genetica hanno lo stesso “settore” del cervello – l’insula anteriore – poco sviluppato:

Individuals with Williams syndrome have differences in brain structure, connectivity and function compared with controls, the study found. Specifically, the researchers found that the gray matter of the dorsal anterior insula, a region associated with integrating emotions and cognition, is smaller in people with the disorder.

Questi individui sono incapaci di riconoscere le cattive intenzioni nei rapporti con gli altri. La sconsiderata fiducia “nell’altro” è in sostenza un autolesionismo indiretto. Questo, rende loro impossibile vivere nella società in modo indipendente.

Inquietanti somiglianze

Nell’immagine la descrizione e le caratteristiche facciali – perché la nostra identità mentale si rispecchia in quella somatica – di un individuo affetto da Sindrome di Williams e di fianco un noto xenofilo.

Ovviamente le somiglianze possono essere del tutto casuali. E non vogliamo certamente asserire che questa persona sia affetta dalla sindrome in questione – anche se, trattandosi di una malattia, abbiamo tutto il rispetto per chi ne è affetto – vogliamo invece supporre che tra patologia e normalità, vi sia tutta una gradazione.

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E sarebbe interessante studiare l’insula anteriore di chi dimostra di non riuscire a “discernere i pericoli nei quali incorre la nostra società”, per capire se queste persone siano, in qualche modo, deficitari in quel settore del cervello. Non tanto da essere “malati”, ma abbastanza da averne in comune alcuni tratti fisici, sintomi e comportamenti.

Ad esempio potrebbero sussistere dei fattori ambientali che causano uno sviluppo anormale dell’insula, magari legati ad alcune sostanze disperse nell’ambiente solo in epoca moderna come i pesticidi,  o all’effetto dell’inquinamento elettromagnetico. Questo darebbe una spiegazione scientifica all’odio di sé e alla perdita di amor proprio di cui è pervasa la società moderna rispetto a quella di solo qualche decennio fa.

Spiegherebbe perché vi è, in alcuni di noi una totale e mal riposta fiducia in chiunque bussi alle nostre porte. Spiegherebbe perché le nazioni non reagiscono come dovrebbero alla minaccia dell’immigrazione, e perché, alcune, reagiscano meno di altre.

In fondo, i popoli altro non sono che tanti individui, e degli individui hanno i comportamenti. E le patologie.

Un’altra spiegazione potrebbe risiedere nell’uso di droghe, è stato ultimamente dimostrata la correlazione tra consumo di marijuana e schizofrenia, potrebbe esserci una relazione anche con l’inibizione del funzionamento dell’insula anteriore o di altre zone del cervello addette al discernimento dei pericoli.

Il tratto essenziale di queste ricerche è che vi è una causa biologica di un comportamento, e che questo è errato e pericoloso. Ma questo comportamento e questa causa potrebbero essere solo gli “estremi” di tutta una gradazione di comportamenti imprudenti e di cause biologiche.

Gli antirazzisti e gli xenofili potrebbero trovarsi in quella “gradazione” e alcune aree del loro cervello potrebbero – per fattori ambientali come l’uso di sostanze o genetici – non essere normalmente sviluppate.

Questo li rende “inadatti” a ricoprire ruoli pubblici e strategici. Come poter affidare il futuro della nostra società nelle mani di chi non è capace di discernere i pericoli? Di chi non ha la capacità di capire chi ha “cattive intenzioni”?