“Quando mi hanno fermato in Italia mi hanno portato in Questura e mi hanno preso le impronte digitali. In Slovenia non l’hanno fatto”.

A parlare così era un clandestino pakistano giunto a Trieste dopo aver attraversato l’Asia prima e la rotta balcanica poi, durante un’intervista televisiva andata in onda mesi fa.
A confermare questa prassi è Kristjan Pahor, ex militare sloveno: “La nostra polizia più volte gira la testa davanti ai migranti che attraversano la Slovenia perché c’è carenza di organico e attrezzature tecniche; è possibile che il regolamento di Dublino venga rispettato parzialmente”, ha dichiarato.
Non è per “carenza di organico”: è che chi li identifica, viene considerato “primo luogo di sbarco”, e così, per il famigerato Trattato di Dublino, è come se fosse sposato a vita col clandestino.
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Siamo senza frontiere. Tutto perché facciamo parte della Ue. Che ci è costata 200 miliardi di euro da quando ne facciamo parte, che ci tratta a pesci in faccia nel momento del bisogno. E ci impedisce di rimandare in Slovenia i clandestini. Ma non impedisce alla Francia di rimandarci i clandestini a Ventimiglia.

Loro sono sovranisti a casa propria