Accettiamo la decisione di un Paese intero in quarantena, nonostante la decisione sia folle perché applicare le stesse norme in territori colpiti con intensità diversa è sempre un errore, ma ora arrestate i deficienti che solo pochi giorni fa sminuivano la minaccia coronavirus. E organizzavano ridicoli aperitivi. Per non fermarsi qualche giorno, hanno portato un intero Paese sull’orlo del precipizio.
Era il 29 febbraio, sette giorni prima che il governo dichiarasse la zona rossa e undici giorni prima che tutta l’Italia finisse in quarantena:
Prima l’ aperitivo, poi, da lunedì, il Duomo, magari con la Pinacoteca di Brera e il Cenacolo. Milano prova a riappropriarsi dei suoi simboli più autentici, sacri e profani. Dopo la riapertura di pub e locali, chiusi dal coprifuoco dell’ ordinanza regionale di fatto per sole due serate (lunedì e martedì), ieri è arrivato un altro importante indizio: la Veneranda Fabbrica del Duomo si sta organizzando per aprire da lunedì i portoni della cattedrale a turisti e fedeli, con nuove regole che evitino gli assembramenti e contingentando gli ingressi attraverso, per esempio, la vendita dei biglietti solo online.
Un ritorno parziale alle normali attività. «Oggi ho avuto un colloquio telefonico con il vescovo Franco Agnesi, con il quale stiamo raggiungendo un accordo – ha annunciato il presidente della Regione Attilio Fontana -; un impegno da parte della curia per ridurre i partecipanti delle celebrazioni religiose, in un numero pari a un quarto della capienza del Duomo.
Un segnale importante. Il sindaco Beppe Sala aveva chiamato mercoledì il premier Giuseppe Conte per invitarlo in città e per chiedergli un graduale rientro alla normalità. Indicando, tra le tante, una traccia: i musei. «Le parole di Sala sono giuste e condivisibili. Riaprire i luoghi della cultura è un primo segnale di ripresa e di uscita dalla crisi.
Milano ne attende anche altri, ma lo verificheremo», ha risposto ieri il ministro della cultura Dario Franceschini: «Naturalmente non è una decisione che spetta a me o al sindaco della città, ma va discussa con le autorità sanitarie. Lo faremo».
Il faticoso e gradualissimo ritorno alla normalità della capitale produttiva del Paese è avviato. Gli anticorpi al virus della paura sono di nuovo in circolo. E lo slittamento a giugno (16-21) del Salone del Mobile, altro simbolo della Milano vincente dell’ ultimo decennio, è un altro atto di ottimismo. Le altre ipotesi sul tavolo erano infatti il rinvio a settembre o addirittura la disdetta tout court . «Ma Milano deve andare avanti», aveva commentato il sindaco.
Sala ieri ha peraltro incontrato una delle categorie più colpite dall’ emergenza virale: gli albergatori. «Le nostre aziende sono in ginocchio, stiamo ricevendo solo cancellazioni e ogni giorno è sempre peggio», il grido di dolore di Maurizio Naro di Federalberghi Milano: «Le poche prenotazioni che arrivano – dice – sono per settembre o ottobre, ma quanti hotel ci saranno dopo l’ estate? Forse riusciremo a sopportare ancora qualche giorno di bufera, ma, se le condizioni restrittive e il blocco dei viaggi di lavoro persisterà, si metteranno a rischio innumerevoli posti di lavori e l’ esistenza stessa di numerose attività». «Sicuramente – prosegue Naro – faremo la nostra parte nell’ aiutare Milano modulando responsabilmente, come ci ha chiesto anche il sindaco Sala, l’ offerta tariffaria a sostegno degli eventi fieristici riposizionati nel calendario, a partire dal Salone del Mobile. Ma in questo momento la mia preoccupazione è di non essere in grado d’ indicare quante, delle attuali strutture alberghiere, saranno ancora sul mercato».
Lo sposa il sindaco Beppe Sala, che oltre a rilanciare la campagna social sogna una versione in inglese per riconquistare il cuore dei turisti internazionali, insieme al Pd a ogni livello. «Dobbiamo essere tutti uniti. Bisogna sconfiggere il virus e seguire le indicazioni della scienza – commenta il segretario dem Nicola Zingaretti, sui Navigli per un simbolico aperitivo con i giovani del partito – ma ora serve dare un segnale e approvare in fretta provvedimenti per riaccendere l’ economia».
Lo riposta anche Matteo Salvini. «Riapriamo tutto quello c’ è da riaprire: l’ Italia è un Paese che soffre ma che vuole ripartire, adesso», scrive il leader leghista, che al capo dello Stato porta «la voce delle imprese, degli artigiani, dei commercianti». La grande alleanza si stringe attorno alla fitta rete imprenditoriale che prova a resistere alla minaccia invisibile e allo spettro della crisi.
L’ idea del video è dell’ agenzia di marketing Brainpull per l’ Unione dei brand della ristorazione italiana. «Abbiamo deciso di fare rete per rispondere al clima di paura – spiegano -. Milano è una città con molto coraggio. Ecco allora la scelta di non parlare del virus, ma di ricordare chi siamo e cosa facciamo».
Noi siamo in quarantena, ma loro devono andare in galera. Perché hanno messo in pericolo la collettività dando l’idea, ai non informati che li seguono, che tutto fosse normale. Non lo era. E devono pagare.
Ci vorrebbe una pulizia radicale. Dai politici di sinistra e 5 stronzi al Vaticano e migranti. Un bel falò.