Romania, villaggio in rivolta contro l’arrivo di 2 immigrati

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I nativi americani lo sanno: o li ributti in mare subito, o ne arriveranno milioni. E sarai fottuto.

Le autorità rumene hanno aperto un fascicolo per incitamento all’odio e alla discriminazione razziale dopo la protesta di 350 abitanti di un villaggio contro l’impiego di due lavoratori singalesi in un panificio locale.

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I due panettieri, provenienti dallo Sri Lanka, sono stati assunti legalmente attraverso un’agenzia di reclutamento in un panificio di Ditrau, nel centro del paese. Alcuni dei 5mila abitanti del villaggio dicono di temere che i migranti mettano in pericolo la sicurezza della comunità e le sue tradizioni culturali.

“Facciamo finta che altri imprenditori assumano, per esempio, sei lavoratori stranieri, qui nel nostro villaggio”, le parole di una signora intervistata lunedì da EBU. “Dopo due anni, questi sei porteranno qui le proprie famiglie, e dopo altri quattro o cinque anni ci ritroveremo circondati da persone di colore. Ecco di cosa abbiamo paura. Non abbiamo paura dei due uomini dello Sri Lanka, ma delle conseguenze del loro arrivo”.

Condizioni di lavoro e tenore di vita
Bende Sandor, deputato dell’Alleanza democratica degli ungheresi residenti in Romania – una cospicua minoranza nel paese, soprattutto nella zona della Transilvania, storica regione di cui fa parte Ditrau – ritiene che l’incontro non abbia avuto connotati razzisti. “Non ho notato tendenze xenofobe durante l’assemble. Sembra più un conflitto tra i proprietari delle aziende e la gente del posto”.

“Il proprietario della panetteria paga meno tutti i lavoratori. Lavorano tutti troppo, a volte lavorano 24 ore al giorno”, riferisce un abitante del villaggio ai media locali.

Il Consiglio nazionale rumeno per la lotta alla discriminazione (CNCD) ha presentato una denuncia per incitamento all’odio e alla discriminazione. Il suo presidente, Asztalos Csaba, ha chiesto tolleranza e ha condannato gli atteggiamenti discriminatori a Ditrau.

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L’ambasciata dello Sri Lanka a Bucarest ha contattato il panificio per verificare le condizioni di vita dei due lavoratori nella zona e per fornire loro assistenza consolare. Anche il ministro del Lavoro rumeno, Violeta Alexandru, ha annunciato l’invio di controlli sul posto.

“Mi sorprende l’atteggiamento della comunità locale nei confronti di due persone che vogliono lavorare qui”, le sue parole. “Forse si dimenticano che molti rumeni lavorano all’estero e rischiano di essere trattati allo stesso modo”.

Negli ultimi anni, migliaia di rumeni hanno lasciato la propria patria per trovare lavoro, soprattutto in Europa occidentale.

La panetteria ha detto che non avrebbe ceduto alle pressioni locali né licenziato i dipendenti dello Sri Lanka. Tuttavia, la rabbia popolare potrebbe costringere i due a fare le valigie e trasferirsi in un altro villaggio.

E’ il liberismo senza frontiere. I romeni vengono a lavorare in Italia abbassando il costo del lavoro e costringendo i nostri lavoratori ad accettare paghe e condizioni di lavoro peggiori. Intanto in Romani si importano cingalesi: è una distruttiva corsa al ribasso.

Una corsa che destruttura le società sia economicamente che etnicamente. L’obiettivo è creare una società globale di schiavi senza identità. Gli immigrati sono solo pedine di questo gioco al massacro.




3 pensieri su “Romania, villaggio in rivolta contro l’arrivo di 2 immigrati”

  1. L’atteggiamento degli abitanti del villaggio è senz’altro lodevole, però allo stesso tempo va detto che in fin dei conti si tratta di due soli, regolari e provenienti dallo Sri Lanka. Sarebbe stato peggio fossero stati maghrebini o subsahariani, anche se 2. Indubbiamente, il problema sorge qualora da 2 diventano 4, da 4 a 8, da 8 a 16, da 16 a 32, da 32 a 64, da 64 a 128, e via discorrendo, che è quello che purtroppo è successo in Italia negli ultimi 20 anni. E’ uno schifo vedere che ci sono interi piccoli comuni della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia-Romagna soprattutto, quelli in cui l’identità dovrebbe essere maggiormente custodita, essere popolati per 1/3 da stranieri, di cui più della metà afroislamici. Per non parlare poi della famosa accoglienza diffusa dei falsi profughi africani che scappano da guerre inesistenti, che l’Italia fa dal 2013, in cui per favorire la loro “integrazione”, lo Stato li ha collocati in tutti gli 8.000 comuni italiani.

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