Prima che scoppiasse lo scandalo dei bambini rubati di Bibbiano, gli indagati avevano tentato di depistare e persino di fermare le indagini sui servizi sociali della Val d’Enza. Un po’ come i politici e i giornalisti che ora tentano di insabbiare tutto attraverso la solita tecnica delle ‘fake news’ e con leggi bavaglio in Emilia Romagna.

Federica Anghinolfi, dirigente dei servizi sociali della Val d’Enza finita ai domiciliari il 27 giugno, e habitué di feste e convegni PD, è il perno attorno a cui ruotano la maggior parte delle accuse: falso in atto pubblico, abuso d’ufficio, violenza privata e lesioni personali gravissime. La donna di 57 anni ha anche tentato di fermare le indagini, una volta scoperto di essere nel mirino della magistratura. È quanto emerge dalle intercettazioni.
Quando nei mesi scorsi i carabinieri iniziarono a indagare, acquisendo atti negli uffici pubblici, la Anghinolfi («deus ex machina dei servizi sociali»), si rivolse al Garante regionale per l’infanzia per bloccare l’inchiesta, dicendo che “l’attività dei militari stava intralciando i procedimenti sui minori”. E in effetti li stava intralciando, fortunatamente.
La lesbica, che in questi anni ha lavorato per togliere decine di bambini alle famiglie e poi smistarli in case famiglia e coppie lesbiche (la sua ex e la nuova ganza) si sarebbe recata personalmente dal Garante per evidenziare questo problema. Alcuni genitori, a cui erano stato tolti i bambini, contattarono lo stesso Garante, chiedendo un aiuto per le loro situazioni. Il Garante chiese allora al servizio sociale stesso una relazione sui fatti.

L’Emilia ha una lunga tradizione di satanismo alla luce del (loro) Sole e di autorità locali colluse con ogni genere di organizzazioni criminali e sette religiose.
Bologna: se la conosci, non ci torni mai più…