I tribunali non possono sostituirsi al Parlamento: lo ha detto, e su queste basi ha emesso una sentenza, un magistrato di Roma. E dovrebbe essere la normalità.
Il tribunale civile di Roma ha infatti interrotto la sequela di sentenze ‘arcobaleno’ degli ultimi tempi, e rigettato – secondo legge – il ricorso di due lesbiche che si erano sposate in Portogallo e avevano chiesto al giudice la trascrizione del loro ‘matrimonio’ nei registri dello stato civile del comune. Come se la legge di un Paese straniero potesse essere applicata in Italia.
Secondo Franca Mangano, presidente del Tribunale, la legge che consente la trascrizione dei matrimoni tra omosessuali non esiste: “Non può essere colmato per via giudiziaria – scrive – il vuoto normativo conseguente alla inerzia del legislatore italiano (rilevata dalla Corte di Strasburgo con la pronuncia del 21 luglio 2015), il quale ancora non si è adeguato alle plurime indicazioni dei giudici nazionali, della Corte Europea dei diritti dell’uomo, e anche del Parlamento Europeo”. Anche qui si legge quali sono le ‘idee’ della magistrato, ma almeno ha avuto l’onesta di non farne ‘sentenza’.
“L’eventuale equiparazione dei matrimoni omosessuali a quelli celebrati tra persone di sesso diverso – sottolinea il magistrato – e la relativa trascrizione nei registri dello stato civile rientrano nella competenza esclusiva del legislatore nazionale, cui questo giudice non potrebbe comunque sostituirsi”.
Bizzarra replica dell’avvocato Luciano Vinci, che curava il ricorso delle lesbiche: “Il tribunale civile di Roma ha preferito irrigidirsi su una lettura letterale della norma, non si è andati oltre la lettura letterale della norma (art 107) che fa espresso riferimento a ‘marito’ e ‘moglie’ nella celebrazione del matrimonio. Abbiamo proposto al giudice un’interpretazione costituzionale riferendoci all’articolo 3 secondo cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Inoltre, se è vero che nel nostro ordinamento il matrimonio omosessuale non è previsto, è altrettanto vero che non è vietato. Il giudice avrebbe potuto lavorare in questa dimensione non scritta e creare giurisprudenza anche alla luce dell’orientamento sovranazionale che ha bacchettato l’Italia per la disparità che impone ai suoi cittadini. Faremo ricorso in Appello”.
No. I magistrati devono applicare la legge. E la legge non prevede i ‘matrimoni’ gay. Ancora.
Finalmente un magistrato che ragiona. con la sua testa.Complimenti al magistrato.