Trenta profughi nel pretigioso castello di Vische: arazzi e sale affrescate

Vox
Condividi!

VISCHE – Il castello di Vische, di proprietà della ricca curia di Ivrea, oggetto negli anni passati di un lungo intervento di restauro, ospiterà una trentina di finti profughi nei prossimi giorni. Contatti sono in corso tra la prefettura di Torino, la curia e il Comune, che inizialmente si sarebbe opposto.

vische

«Il condizionale tuttavia è d’obbligo in tutti i sensi -spiega bene il sindaco Federico Merlo – poiché nulla ci è ancora stato comunicato ufficialmente. Ma da don Angelo Bianchi, responsabile della pastorale dei migranti della diocesi di Ivrea, ho già avuto ampie rassicurazioni in proposito. I profughi potrebbero essere ospitati nel castello sono temporaneamente in attesa di una sistemazione definitiva, con il completamento della struttura di Montalto Dora. Quindi al massimo per tre mesi. Inoltre, il loro arrivo è condizionato dal verificarsi di una situazione di emergenza a livello italiano, che per il momento non si intravede. So anche che castello manterrà la sua vocazione residenziale: la curia dopo un significativo intervento di ristrutturazione non cambia il suo obiettivo di affidarlo in gestione a una società che si occupa di assistenza agli anziani non autosufficienti . Il progetto però finora non è decollato, e il castello resta inutilizzato. Ecco quindi la disponibilità ad ospitare i profughi nell’ambito del patto che la Curia ha stretto con la prefettura».

Vox

Fate un conto: 30x35x365= 383.250 euro, è quanto incasserà la Curia in un anno. Si pagheranno il restauro con i soldi dei cittadini. Non sono più sacerdoti, sono manager. E di quelli che svendono la loro terra.

«Noi siamo per l’integrazione – gli fa eco il vicesindaco Mario Pignochino – ma il castello con le sue sale di pregio, i suoi affreschi, non è il luogo adatto per ospitare dei profughi. Inoltre, essendo il maniero distante dal nucleo centrale del paese, potrebbe portare a un isolamento dei migranti. Quindi l’integrazione non sarebbe facile. Io piuttosto che il castello, anche solo per un’ospitalità temporanea, avrei pensato all’istituto religioso di Betania, che si trova nel centro del paese. L’arrivo dei profughi andrebbe poi pianificato con attenzione in modo da non creare un impatto negativo con la popolazione. A mio avviso la miglior soluzione per la gestione dei migranti è l’ospitalità presso case sfitte in modo che gli ospiti possano gestirsi autonomamente e non restare tutto il giorno senza sapere come impegnare il loro tempo, con il rischio di innescare tensioni».

Il maniero ha visto un pregevole intervento di restauro. Il castello, che deriva da una primitiva fortezza medievale, nel 1937 fu acquistato dall’Opera del Divino Amore, fondata nel 1932 da don Antonio Tonello, che lo trasformò in un pre seminario, collegio e casa sacerdotale: funzione che aveva svolto fino ad una decina di anni fa.