Antirazzista reclutava immigrati per violentare la moglie

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Antirazzista la fa stuprare da 50 estranei: “L’ho fatta stuprare dai neri”

Drogata e violentata da sconosciuti reclutati dal marito: “10 anni di barbarie su di me. L’ho scoperto da una foto”. Il caso che sta scuotendo l’opinione pubblica in Francia. L’uomo ha ripreso tutti gli stupri, 92 in totale. La vittima: “Erano in due, tre su di me. Scene di barbarie”.

I media ne stanno parlando. Ma nascondono un ‘piccolo’ particolare.

“Mia moglie era razzista, io no, l’ho fatta violentare da un uomo di colore, un arabo… questo mi ha eccitato ancora di più…”, la confessione dell’attivista antirazzista agli inquirenti. L’antirazzismo militante è una patologia psichiatrica che origina da perversione sessuale.

Per ben dieci anni Gisèle Pélicot, 71 anni, è stata drogata e resa incosciente dal marito che reclutava sconosciuti online affinché la stuprassero nella loro casa di Mazan, nel Sud della Francia, mentre lui filmava le violenze. L’uomo, Dominique Pélicot, ora è a processo davanti alla Corte d’Assise del Vaucluse, ad Avignone. E se i numeri non descrivono le barbarie subite dalla vittima, per certo quantificano i mostruosi abusi: 92 stupri perpetrati, secondo l’accusa, da 50 uomini.

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Antirazzista droga la moglie e la fa stuprare da 50 estranei: “Era razzista, io l’ho fatta stuprare dai neri”

La drammatica e terribile vicenda, che sta scuotendo l’opinione pubblica, comincia nel 2011. Ma per dieci anni Gisèle resta all’oscuro della trama macabra ordita dal compagno d’una vita. È il 19 settembre del 2020 quando il marito le confida di essere stato sorpreso mentre filmava sotto la gonna di tre donne al supermercato. “Sono stupita – racconta la 71enne in aula -. In cinquant’anni di vita insieme, non ha mai avuto gesti osceni. Gli dico che per questa volta lo perdono, ma che non ci dovranno essere altri fatti simili e che dovrà scusarsi con queste donne. Non immagino l’ampiezza di quel che scoprirò poco dopo”.

“Ho scoperto di essere stata stuprata da una foto”
Il 2 novembre la coppia viene convocata nel commissariato della polizia di Carpentas. “Quando ci hanno convocati pensavo di dovere risolvere una formalità. Ma il poliziotto mi pone una serie di domande, non capisco”. L’agente chiede alla donna di descrivere il marito: “Gli dico che è una persona per bene, o un brav’uomo, non mi ricordo esattamente. Ma il poliziotto mi avverte: ‘le mostrerò cose che non le faranno piacere’. E io non immagino cosa possa essere. Mi porge una fotografia, ma non ho gli occhiali, non riconosco la donna sul letto. Il poliziotto mi dice di guardare bene. Faccio fatica a riconoscermi, ho strani indumenti addosso”. Alla terza foto, Gisèle rabbrividisce: “Sono scene di violenza, sono inerte, addormentata, e mi stanno violentando. Anzi, violenza non è la parola giusta, è una barbarie. Ho solo un desiderio, rifugiarmi a casa mia”.

“Come un urlo di animale”
Una volta uscita dal commissariato, la 71enne telefona al genero e gli racconta cosa ha scoperto. Più tardi trova il coraggio di chiamare una delle figlie: “Le chiedo se suo marito è con lei, le dico di sedersi. Sento come l’urlo di un animale. Questo grido resterà impresso nella mia memoria. Mio genero prendere il telefono. Poi devo chiamare i miei due figli. Quando spiego loro la situazione, non sono sicura che abbiano capito bene”. Fatto sta che a Gisèle crolla il mondo addosso: “Tutto quello che ho costruito con il signor Pélicot cade in pezzi. Tre figli, sette nipoti, una coppia unita. I nostri amici ci dicevano che eravamo la coppia ideale”.

“Ho visto tutti i video, io ero inerme”
La donna ha visto tutti i video degli stupri lo scorso maggio: “Non sono scene di sesso, sono scene di violenza. Sono due o tre sopra di me, io sono inerte”. Nonostante non abbia superato ancora il trauma, e i ripetuti abusi le abbiano causato gravi problemi di salute, Gisèle ha voluto che l’intero processo fosse celebrato a porte aperte. “Voglio che la mia testimonianza sia pubblica perché nessuna donna debba subire una sottomissione chimica come quella che ho patito io – spiega -. Per quanto riguarda me, il male è fatto.

Ma ho voluto queste udienze a porte aperte per aiutare tutte le donne, che forse non saranno mai riconosciute come vittime”. Durante l’udienza di questa mattina, il marito Dominique è rimasto con lo sguardo fisso sul pavimento dell’aula. Deporrà in aula il prossimo mercoledì.