A due mesi da quei terribili fatti, un piccolo armadio di legno con le tendine è uno dei simboli del massacro islamico del 7 ottobre.
E’ qui dentro, nel ripiano inferiore, che sono rimasti nascosti per 13-14 ore i fratellini Michael e Amalya, 9 e 6 anni, mentre i loro genitori venivano uccisi e la loro sorellina Avigail, veniva rapita da Hamas.
L’armadio è ancora lì nella casa della famiglia Idan, nel kibbutz Kfar Aza, dove si è recato in visita un piccolo gruppo di parlamentari italiani in visita di solidarietà.
Parlamentari che, una volta tornati in Italia, dovrebbero subito votare una legge che blocca ogni tipo di immigrazione islamica. Ma figuriamoci se lo faranno. Li vedremo visitare qualche casa di Milano o Roma con un armadio dove Luca e Andrea saranno rimasti chiusi mentre qualche terrorista islamico avrà ucciso i loro genitori e rapito la loro sorellina Maria.
E’ un armadio modesto, dove si trovano ancora le due borracce d’acqua che mamma Smadar aveva dato ai figli. Quella terribile mattina, papà Roee, un fotografo del sito Ynet, uscito di casa per vedere cosa era successo, è stato ucciso per primo. Sua figlia Avigail, 3 anni, che era anche lei fuori, è corsa a rifugiarsi a casa della famiglia Brodutch. Ed è qui che è stata rapita assieme alla vicina Hagar (40 anni) e i suoi figli Ofri (10), Yuval (9) e Oriya (4). Intanto a casa Idan, S madar è stata uccisa vicino all’armadio dove si erano chiusi i figli. E i due fratellini sono rimasti nascosti per ore in silenzio. Michael ha comunicato tramite il cellulare con i servizi di soccorso Magen David Adom, che hanno raccomandato ai bambini di rimanere chiusi nell’armadio fino a quando non fossero “arrivati i buoni”.
Avigail, che ha anche la nazionalità americana, è stata uno dei simboli del dramma degli ostaggi, è stata rilasciata il 26 novembre, dopo aver compiuto 4 anni da ostaggio a Gaza. E con lei sono tornati in libertà i Brodutch. A riabbracciarli è stato il loro padre e marito, Avihai, ferito mentre difendeva il kibbutz dall’assalto di Hamas.