La sinistra vuole la castrazione collettiva del maschio italiano, noi vogliamo la pena di morte per Filippo Turetta

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Per la morte della povera Giulia Cecchettin, i pagliacci del circo chiedono la castrazione collettiva del maschio italiano. Per i prog, Giulia è solo un cadavere da utilizzare per propagandare la destrutturazione della nostra società.

Se il loro fosse, davvero, un sentimento umano verso chi non c’è più, penserebbero a come punire il colpevole, non a colpevolizzare gli innocenti.

Di certo chi uccidere per impeto non sta a pensare alla pena che ne conseguirà né alle panchine rosse: ma, almeno, la pena di morte farebbe giustizia.

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Il cosiddetto femminicidio è un fenomeno del tutto simile all’infanticidio dei propri figli. E’ qualcosa che c’è sempre stato e sempre ci sarà perché è insito nella natura umana. L’uomo è fatto di sentimenti. I sentimenti portano ad amare ed uccidere quando l’individuo perde la ragione.

L’alternativa sarebbe un mondo senza sentimenti, puramente razionale, dove non ci sarebbero omicidi ma neanche amore. Non ci sarebbe vita.

Finché l’uomo sarà uomo, ci saranno omicidi e guerre. Ma ci saranno anche grandi amori e grandi imprese. L’alternativa è un modo morto prima di morire.

Sanno benissimo, i pagliacci che parlano di ‘maschilismo’, che le loro politiche non impedirebbero le poche decine di cosiddetti femminicidi che avvengono in Italia – statisticamente irrilevanti su una popolazione di decine milioni di individui -, altrimenti azzererebbero l’immigrazione, visto che i migranti stuprano e uccidono donne 10 volte più che gli italiani, ma sanno altrettanto bene che, invece, servirebbero a destrutturare ulteriormente la nostra società. L’obiettivo è, infatti, non punire i pochi colpevole, ma castrare collettivamente il maschio italiano perché il maschio invasore abbia campo libero.




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