“Ho lasciato il mio Paese perché ricevevo minacce di morte dopo avere contratto un debito elevato per fare curare mio padre. Avrei dovuto saldarlo in tre mesi e non sono riuscito a farlo”. Inizia così il bizzarro racconto di Amin Zoudie Mohamed, il clandestino tunisino di 27 anni, liberato su provvedimento del giudice di Catania dopo l’espulsione insieme ad altri tre connazionali:
Quindi, debitori di tutto il mondo, se contraete un debito, chiedete asilo all’Italia.
“Ho manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale appena sono arrivato a Lampedusa e ho formalizzato la domanda appena sono arrivato a Pozzallo”, ha detto ancora davanti a Iolanda. “Prima di arrivare a Pozzallo sono passato da un altro luogo tramite un mezzo privato, ma non so dove fosse questo luogo e successivamente la Polizia mi ha portato a Pozzallo”. Ha raccontato anche che il passaporto “è rimasto in Tunisia perché non ho pensato di portarlo con me”. Dimenticanze.
Amin sostiene di non avere parenti “in Italia” bensì “solo in Francia”. E aggiunge: “Vorrei rimanere in Italia, non ho ancora la possibilità di trovare casa e lavoro ma è ciò che vorrei fare”.
Il giovane tunisino era arrivato lo scorso 20 settembre al porto di Lampedusa, dopo essere partito da Sfax. La sua imbarcazione era stata rintracciata dalla Guardia di Finanza. Il 25 settembre era stato trasferito a Pozzallo. Qui ha ricevuto il decreto di espulsione a cui ha immediatamente presentato ricorso grazie alla solita ASGI, associazione finanziata da Soros.
Pochi giorni dopo, il giudice del Tribunale di Catania Iolanda Apostolico ha accolto il ricorso del giovane tunisino e ne ha disposto la liberazione. A seguire, sono stati dichiarati illegittimi i trattenimenti di altre tre persone con la stessa condizione giuridica. Ma il Ministero dell’Interno ha già fatto sapere che ha presentato ricorso contro la decisione del Tribunale di Catania, così da far valutare la fondatezza dei richiami giuridici ad un altro giudice.