Migranti: “Sala insanguinata per la sposa. Uccidiamo infedeli e donne non velate”

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Sulla condanna di alcuni giorni fa:

Figlia migranti voleva decapitare italiani: “Mi fa schifo vivere in mezzo a loro”, premiata con la cittadinanza

Bleona Tafallari, 19enne kosovara con cittadinanza italiana.

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Nella casa di via Padova, dove viveva ospite del fratello, senza mai uscire, per “non mescolarsi con gli infedeli italiani”, interamente coperta con il niqab.

E da lì chattava per radicalizzare altre giovani come lei e alcune ragazzine minorenni. A loro dava istruzioni su come cercare marito e, soprattutto, che tipo di marito cercare. Gli atti che hanno disposto la sua carcerazione raccontano bene il ruolo della donna nella cultura islamica, almeno in quella di cui Bleona Tafallari faceva instancabile proselitismo.

Le sue conversazioni sui social, che lei dimostra di sapere usare benissimo, sono “pericolosissime esaltazione di Jihaidismo”. La Tafallari invia alle giovanissime interlocutrici i video nei quali ostenta il guanto con il simbolo dell’Isis. I consigli: “Devi trovare un “Leone“ (uomo, in riferimento alla loro appartenenza all’organizzazione “Leoni dei Balcani”), con cui “cadere“ (morire) insieme, bagnati dal sangue dei miscredenti”. Nei messaggi le ragazze inseriscono più volte bandiere nere dell’Isis sotto forma di emoticon. Come immaginano il matrimonio: “Durante la “festa“ non vogliamo lasciare vivo neanche un miscredente, tutti a terra. La sala così si riempie di sangue. Il tuo marito viene a prenderti con un’auto con sopra le bandiere nere dell’Isis (emoticon con contelli e sei bandiere nere)”. E ancora: “Dobbiamo mettere il niquab perché solo così siamo donne belle. In camera – scrive Tafallari – ho messo una immagine di guanti neri e bandiere … L’interlocutrice: “Vedi che sei bella calda per queste cose… come lo sono io..(quattro smile). Il consiglio: “Devi mettere il niqab anche se la tua famiglia non vuole, gli occhi sono bellissimi con il niqab”. E l’interlocutrice minorenne: “La mia famiglia dice che deciderà il mio futuro marito se metterò il niqab…e quindi mi devo sposare ora. Ma tu metti solo il velo? perché se sotto metti i pantaloni sempre quelle che fanno le belle….”. Tafallari: “Io metto il niqab largo… io quelle con i pantaloni in vista le ucciderei tutte”. La minorenne: “Anche Nora si vuole sposare a 16 anni, quando ti esce qualche leone per me? Trovami uno con barba e capelli lunghi, voglio un martire e voglio cadere con lui.. che Allah possa fare in modo che ciò accada”.

Tafallari si accorge che è intercettata e chiede a un’amica. “Gli indefeli mi hanno bloccato Instagram, puoi crearmi tu un profilo nuovo?”. Di notevole interesse una chat Telegram intrattenuta con il marito Perparim Veliqi nella quale la Tafallari, più volte e nonostante i contrari inviti del coniuge alla estrema prudenza nel pubblicare materiale che potrebbe destare l’attenzione della polizia, ha mostrato la sua intenzione di creare un sito con intenti apparentemente divulgativi, ma che in realtà dovrebbe prefiggersi lo scopo di “far capire cosa succede nel mondo ai musulmani… far capire la verità”, iniziativa che il marito giudica estremamente pericolosa e la invita, anche in ragione del vincolo di obbedienza che le deve in quanto donna, ad abbandonare senza riserve. L’opera di propaganda ed esaltazione dello Stato islamico raggiunge il suo apice quando, in una chat whatsapp con un’altra donna kosovara, anche il figlio di quest’ultima di pochi mesi diventa motivo di esaltazione di jihadismo. Il piccolo, infatti, viene ritratto dalla madre in alcune fotografie dove indossa una cuffietta nera riportante i versi della Shahada, con una pistola di fianco al corpo, grande quasi quanto lui. Nell’occasione la Tafallari e la amiche commentano entusiaste e alla vista dell’arma Tafallari scrive “io vorrei quella cosa (la pistola) che ha toccato il bambino”.




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