Stuprata e bruciata viva perché incinta da branco immigrati islamici guidati dal fidanzato

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Nel 2017, a Creil (Francia), la 13enne Shaïna fu stuprata dal 14enne Djibril B., suo fidanzatino di allora, e dai suoi amici. In quel momento, la sua vita cambiò non soltanto per la violenza subita: la comunità musulmana di cui faceva parte la incolpò di aver provocato e incoraggiato gli stupratori.

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Nel maggio del 2019, la ragazzina incontrò Djibril B. (rilasciato dopo un mese dallo stupro) e un gruppo di amici. Questi la picchiarono a colpi di bastone, lasciandola svenuta in strada.

Nell’estate seguente, durante la sua festa di compleanno, a Shaïna si avvicinò Youssef, un ragazzo di 17 anni, al solo scopo di portarla a letto.

Due mesi dopo, la ragazzina disse a Youssef di essere rimasta incinta e di voler tenere il bambino.

Shaïna scomparve e il suo corpo venne ritrovato due giorni dopo: era stata accoltellata e bruciata viva.

Ora inizia al processo al presunto assassino Youssef. Al suo vicino di cella, ha confessato: “Meglio trent’anni di carcere che essere il padre di un bastardo, il padre di un figlio di puttana”.