Stupri etnici sul treno: giudici graziano i 30 stupratori stranieri di Peschiera

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Non che fossero partiti bene:

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Stiamo allevando un sottoproletariato urbano etnicamente ostile. Questo è solo l’inizio: o ci liberiamo e li rimandiamo a casa, oppure comanderanno loro.

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2 pensieri su “Stupri etnici sul treno: giudici graziano i 30 stupratori stranieri di Peschiera”

  1. Giudici furenti stupratori della Madrepatria!
    Furiosi giudici ausvizzatori!
    Un’intera magistratura stupratrice della Madrepatria! Ausvizzatrice!

  2. L’Italia deve guarire dal culto dell’apolidia:

    Fu essa [la lingua latina], infatti, a educare quelle genti e quei popoli in tutte le arti liberali; fu essa a insegnare loro le ottime leggi; fu essa ad aprir loro la strada ad ogni sapienza; fu essa infine a liberarli dalla barbarie. Perciò qual giusto estimatore di beni non preferirà coloro che si resero illustri nel culto delle sacre lettere a quanti lo furono conducendo orribili guerre? Uomini regi chiamerai questi, ma dirai giustamente divini quelli […] Grande è dunque il mistero sacro della lingua latina! Grande senza dubbio la sua divina potenza! E tale lingua presso gli stranieri, presso i barbari [ma la lingua latina non aveva liberato gli stranieri dalla barbarie?], presso i nemici [nemici che dobbiamo far progredire!!], viene custodita piamente e religiosamente da così tanti secoli che noi Romani non dobbiamo dolerci, ma gloriarci dinnanzi all’intero mondo che ci ascolta. Perdemmo […] il regno e il potere, anche se non per colpa nostra, ma a causa dei tempi: eppure con questo più splendido dominio noi continuiamo a regnare in tanta parte del mondo. Nostra è l’Italia, nostra la Gallia, nostra la Spagna, la Germania, la Pannonia, la Dalmazia, l’Illirico e molte altre nazioni, poiché l’impero romano è dovunque impera la lingua di Roma.
    Lorenzo Valla, Elegantie latine lingue, (edizione Regoliosi, pagine 121-2)

    Il cultore dell’apolidia Lorenzo Valla ha scritto questo delirio universalista negli anni trenta del Quattrocento.
    Lorenzo Valla mi sembra perfino più furente di Plinio il Vecchio.
    Una truculenta follia italicida che si trasmette di generazione in generazione!
    Truculenta demenza che si è persistente nonostante i cruentissimi orrori del declino e della caduta dell’impero!
    Truculenta pazzia persistente nonostante le sanguinosissime atrocità delle invasioni straniere nel medioevo, nell’età moderna e nella contemporaneità.
    Noi Italiani dobbiamo guarire da questa truculenta e spregevole infantilità italicida!
    Noi Italiani dobbiamo liberarci una volta per tutte di quest’orrida follia italicida!

    «La terra [l’Italia] che è figlia e al tempo stesso madre di tutte le altre terre, prescelta dagli dèi […], per riunire imperi divisi, per addolcire i costumi, per unificare, colla diffusione della sua lingua, i linguaggi discordi e rozzi di tanti popoli e portare la cultura all’uomo e divenire in breve tempo l’unica patria di tutti i popoli di tutto il mondo
    Plinio il Vecchio, Storia naturale, III, 38-40

    «e ancora altre erbe da altre zone: erbe che vengono importate ed esportate in ogni parte del globo a beneficio della salute degli uomini, grazie alla sconfinata maestà della pace romana, che fa conoscere tra loro non solo gli uomini di terre e stirpi diverse, ma anche le montagne e le loro cime che sconfinano nelle nubi, e i loro prodotti, e anche le erbe!»
    XXVII, 3

    Ma c’è una caratteristica che più di tutte merita di essere osservata e ammirata, poiché al mondo non esiste niente di simile […] avendo distinto in due parti tutti gli abitanti dell’impero – e dicendo impero ho detto l’ecumene – ovunque avete reso partecipi alla vita politica o addirittura facenti parte del vostro stesso popolo tutti gli uomini […] li avete resi sudditi e sottoposti al vostro governo […] Un unico impero universale, sotto un unico uomo, il miglior capo e ordinatore [il quale di tutte le questioni più importanti si deve occupare al posto nostro], tutti si riuniscono come in un foro comune, ciascuno per ricevere ciò che gli serve. Ciò che è una città per i suoi confini e per il suo territorio, questo è oggi Roma per tutta l’ecumene, come se fosse stata proclamata patria comune di tutti i popoli, così che si potrebbe dire che si riuniscono in questa unica acropoli tutti i perieci o quelli che, ripartiti in demi, abitavano in un altro territorio. Roma non ha mai respinto nessuno.”
    Historia Augusta, Uita Adriani, XXVI, 5.

    Questa fanatica laude d’apolidia (di Elio Sparziano? di un autore di epoca teodosiana?) è un inno alla regressione alla dipendenza infantile più completa!
    All’infantilità più orrenda!
    È un panegirico furente alla totale deresponsabilizzazione di massa!

    Orosio, subito dopo essere fuggito in Africa dall’invasione visigotica dell’Iberia, nel 414, si dichiarò, con convinta demenza, apolide:
    «L’ampiezza dell’Oriente, l’abbondanza del Settentrione, la vastità del Meridione, le fertilissime e sicurissime sedi delle grandi isole hanno le mie leggi e il mio nome, poiché romano e cristiano giungo tra romani e cristiani. […] Un unico Dio, che ha voluto quest’unità del regno per i tempi in cui gli è piaciuto manifestarsi, da tutti è amato e temuto; le medesime leggi, sottoposte a un unico Dio, regnano ovunque; dovunque giungerò, sconosciuto, non avrò da temere violenza improvvisa come chi è senza protezione. Tra romani, come ho detto, romano, tra cristiani cristiano, tra uomini uomo, mi appello allo Stato in base alle leggi, alla coscienza in virtù della fede, alla natura in nome dell’uguaglianza
    Storie contro i pagani, V, 2, 3-6.

    «Prestami ascolto, bellissima regina del mondo
    interamente tuo,
    accolta fra le celesti, Roma, volte stellate.
    […]
    Potrà piuttosto scellerato oblio affondare il sole
    prima che il tuo splendore svanisca dal nostro cuore,
    perché diffondi grazie pari ai raggi del sole
    per ogni terra, fino all’Oceano che ci fluttua
    intorno.
    Per te si volge lo stesso Febo che tutto abbraccia
    e i suoi cavalli, sorti da te, in te ripone;
    non ti fermò, sabbia di fuoco, la Libia,
    né ti respinse, armata del suo gelo, l’Orsa:
    quanto si estese fra i poli, propizia alla vita, la natura
    tanto si aprì la terra al tuo valore.
    Hai fatto di genti diverse una sola patria,
    la tua conquista ha giovato a chi viveva senza leggi:
    offrendo ai vinti l’unione nel tuo diritto
    hai reso l’orbe diviso unica Urbe.
    […]
    così anche tu, che abbracci il mondo con trionfi
    che portano leggi
    e fai che tutto viva sotto un comune patto.
    Te, dea, celebra te, romano ogni angolo della terra
    portando sul libero collo
    [pazzo furentissimo!!! Noi Italici ci siamo messi il giogo sul nostro stesso collo!!!] un pacifico giogo.
    Tutte le stelle nelle loro orbite eterne
    non hanno visto mai impero più bello.
    Ne avevano congiunto uno simile gli Assiri
    quando i Medi piegarono i loro confinanti?
    I grandi re dei Parti e i tiranni Macedoni
    si conquistarono gli uni gli altri con sorti alterne.
    Né tu, nascendo, avevi più animi e braccia
    ma più saggezza e più discernimento:
    per guerre giuste e una pace non superba
    la tua nobile gloria ha attinto la più alta potenza.
    Tu regni e, ciò che vale ancor di più, meriti il regno:
    tutte le grandi imprese superi con le tue

    Rutilio Namaziano, Il ritorno, versi 47-92.

    Ricordate il contesto storico in cui furono scritti questi orrendi deliri:
    ://www.treccani.it/enciclopedia/visigoti#:~:text=a%20saccheggiare%20per%20tre%20giorni%20Roma%20(410).%20In%20un%E2%80%99Italia%20ridotta%20alla%20carestia

    Da questi brani di Giovanni Papini si evince molto bene l’orrido errore primordiale, dalla cui correzione dipende la Salvezza d’Italia:
    Civiltà italiana non vuol dire xenofobia cinese nè particolarismo provinciale. L’Italia ha superato il puro Nazionalismo [ossia il vero Nazionalismo] per giungere all’Impero; ha dato a ogni popolo, colla Chiesa la luce della fede e col Rinascimento la luce dell’arte.
    Di tribù disperse e di nazioni stanche, di popoli silvestri e di relitti d’imperi fece altrettanti convitati della «Civitas», associati alla sua grandezza; i ribelli ricondusse all’intelligenza della legge, gli eretici alla pace dell’unità, i tiepidi all’incendio dell’amore. Non a caso la metropoli della religione universale fu designata e stabilita nel centro medesimo di questa terra che non è soltanto la patria nostra ma di tutti coloro che credono nella verità divina e nella grandezza umana.
    […]
    uno dei segreti dell’anima […] universalista del popolo italiano
    .”
    Italia mia, Vallecchi, Firenze, 1941, pagine 51-3.

    Perchè lo spirito italiano fu portato sempre a sentire e a pensare universalmente, ad assumere missioni europee o addirittura terriane. Gl’imperatori accordarono la cittadinanza romana ai popoli più lontani;la Chiesa Romana ha sempre voluto esser cattolica cioè universale
    Ibidem, pagina 140.

    «Modelleranno gli altri con grazia maggiore il bronzo spirante di vita
    (lo credo di certo), e vivi ricaveranno dal marmo i volti;
    peroreranno meglio le cause, e i movimenti celesti
    disegneranno con la canna, e il sorgere degli astri prediranno:
    tu, o Romano, ricorda di governare i popoli:
    queste saranno le tue arti, e d’imporre la civiltà con la pace,
    risparmiare gli arresi e sconfig gere i ribelli

    Virgilio, Eneide, VI 847-53; traduzione di Carlo Carena, Torino, UTET, 1971

    Vergilio, Plinio il Vecchio, Orosio, Rutilio Namaziano, Lorenzo Valla, Giovanni Papini erano tutti meticcionisti!

    Vergilio, Plinio il Vecchio, Orosio, Rutilio Namaziano, Lorenzo Valla, Giovanni Papini erano tutti apolidisti!

    Questi spaventosi folli potremmo chiamarli apolidisti.
    L’apolidismo è il culto dell’apolidia.
    È molto più persuasivo di ”imperialista” o di ”universalista”.

    Gli ausvizzatori orchi meticcionisti negano l’esistenza degl’Italiani!
    Negano l’esistenza degli uomini!
    Sono beluini tanatofili!

    Italia Eterna: Gian Rinaldo Carli, il primo teorico moderno dell’unità politica nazionale
    ://www.ilprimatonazionale.it/cultura/italia-eterna-gian-rinaldo-carli-unita-politica-nazionale-152894/

    “Divenghiamo pertanto tutti di nuovo Italiani, per non cessar d’essere uomini”

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