Africano stupra malata mentale al parco: noto stupratore clandestino mai espulso

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Una bottiglia di birra . Una cicca di sigaretta. Un fazzoletto sporco di liquido organico. I pantaloni macchiati della vittima. Questi erano gli elementi in mano agli inquirenti per identificare e fermare l’autore dello stupro ai danni di una diciassettenne con fragilità psichiche avvenuto lo scorso 14 settembre ai Giardini Margherita.

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Ci sono voluti mesi di indagini, riscontri, analisi. Ma alla fine, i carabinieri della Stazione Bologna coordinati dal sostituto procuratore Michele Martorelli, grazie agli esiti forniti dai colleghi del Ris di Parma, ce l’hanno fatta. E lunedì sera hanno eseguito un fermo nei confronti di un uomo tunisino di trent’anni, irregolare sul territorio e senza fissa dimora. All’uomo è contestata pure la recidiva infraquinquennale: tradotto, è già finito nei guai per violenza sessuale, dal 2018 a oggi.

Rintracciarlo non è stato semplice. La vittima all’epoca fu soccorsa da un passante, mentre era in stato di choc e quasi incapace di reggersi in piedi. Uscita per un pomeriggio dalla struttura che la ospitava, raccontò di avere conosciuto quella sera un ragazzo magrebino, con cui si era appartata per chiacchierare nel parco nel frattempo rimasto quasi deserto, a mezzanotte. Lui aveva tentato un approccio e al rifiuto di lei l’aveva aggredita e violentata, fuggendo infine in monopattino.

La testimonianza della giovane, raccolta con tutte le cautele del caso, risultò attendibile e circostanziata, ma insufficiente per dare un’identità al suo assalitore. Inoltre, come riportò il Carlino , in quel periodo ai Giardini quasi tutte le telecamere di sorveglianza erano fuori uso. Perciò nessuna immagine venne registrata della violenza e tantomeno del suo autore. La giovanissima fu appunto soccorsa da un passante, che ricordò solo di avere visto qualcuno allontanarsi in monopattino, dandogli le spalle. Tutto quindi dipendeva dagli esami sui reperti raccolti e mandanti ai carabinieri del Ris di Parma per le analisi.

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I quali dopo mesi di lavoro sono riusciti a ricavare un profilo biologico dell’aggressore, ma senza trovare un match che vi corrispondesse. Finché non è emersa, sulla bottiglia di birra, un’unica impronta digitale. Ecco allora la corrispondenza: un uomo arrestato nel 2019. Cui era stato fatto anche il tampone per il prelievo di Dna, da inserire in banca dati secondo le norme antiterrorismo. Si abbinano a quel punto i dati biologici con quelli delle macchie rinvenute su fazzoletto e pantaloni. La corrispondenza è del 100%.

Scatta la caccia all’uomo. Non è facile, l’indagato risulta senza fissa dimora. Martedì sera, però, viene individuato, interrogato e poi fermato. Ora si trova nel carcere della Dozza.

All’epoca, i carabinieri furono chiamati dal passante: intervennero i militari della stazione Bologna e del Radiomobile, che allertarono poi il 118. La minorenne fu trasportata in ambulanza all’ospedale Maggiore, dove fu visitata e medicata e dove si poté riscontrare l’avvenuta violenza sessuale. Scattò anche il protocollo ’Codice rosso’ e la giovanissima, sentita brevemente dagli inquirenti sul luogo stesso dell’aggressione, dovette appunto consegnare gli abiti e gli effetti personali che indossava.