Musulmani in marcia da anni: “Italia, Italia” – VIDEO

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La canzone araba ‘Italia Lharaga Hawli Malik’ fa da colonna sonora alla marcia di migliaia di clandestini islamici verso il nostro – sottolineiamo nostro – Paese.

E gli arrivi di clandestini in Friuli Venezia Giulia continuano a crescere. Soprattutto da quando c’è Lamorgese.

Criminali e positivi. L’assalto al confine orientale è quotidiano. Un esercito invasore e ostile passa la frontiera con la fattiva collaborazione di uno Stato fantoccio.

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La cosiddetta rotta balcanica con capolinea Trieste. L’importante è che non si fermino, che passino senza clamore fino al capolinea. In Italia, a Fernetti, al commissariato di Polizia di Opicina dove confluiscono dopo essere stati intercettati dalle pattuglie dell’Esercito. Stime non ufficiali parlano di 200-300 (!) clandestini al giorno. Un fiume.

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E sono migliaia i clandestini islamici che stanno marciando verso l’Italia lungo la via dei Balcani, quella che in questi anni ha portato in Europa milioni di immigrati.

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Con la chiusura della frontiera ungherese dopo il grande muro di Orban, ora la nuova rotta scorre più a ovest, pericolosamente più a ovest, con la Bosnia-Erzegovina come crocevia. E poi la Croazia. La Slovenia. E ora che la Croazia è in Schengen, non ci sarà neanche più quel confine.

E dopo aver attraversato la Croazia e la Slovenia, Trieste è a un passo. Trieste è dove vogliono passare per dilagare nella pianura padana, come gli Unni di Attila:

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In particolare, è la Bosnia-Erzegovina che si trova ad affrontare una situazione di vera emergenza. Da anni.

Le stime sulle attuali presenze, che includono solo chi è stato registrato, stimano un piccolo esercito di circa diecimila clandestini che premono verso la Croazia. E poi Trieste.

Anche perché non ci sono controlli:

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Si riversano da ogni dove, come cavallette, verso l’Italia.




Un pensiero su “Musulmani in marcia da anni: “Italia, Italia” – VIDEO”

  1. Sono maschi in età militare. Da Oriente si sono sempre riversate, a ondate, migrazioni armate, all’epoca si fermavano, o almeno, ci si provava, e si rendeva loro la vita difficile se rimanevano.
    Ciò non riuscì ad esempio nell’Illirico, quell’immenso territorio che dalla sponda meridionale del Danubio, dalla sorgente alla foce, e fino ai confini della Tessaglia, arriva in Grecia. Un territorio immenso, un blocco compatto dove la rudezza degli abitanti di frontiera, unita alle necessità, lo rese il luogo di reclutamento ideale per l’esercito romano quando gli italici divennero troppo mollaccioni, e spagnoli e galli li seguirono a ruota poco dopo.
    Per gli illirici era sopravvivenza pura. E infatti, dopo secoli di invasioni, battaglie, saccheggi e stermini, arrivarono gli slavi, che ne compirono altri, ma ormai la resistenza era ridotta al minimo dopo secoli di passaggi di germani e unni, e lì si installarono in un territorio vuoto, ripopolandolo, facendolo regredire alla prima età del ferro. Il nostro medioevo al confronto è un’epoca di letterati. C’è un buco nero che si mantiene per almeno 5 secoli quasi senza soluzione di continuità. E non finì lì perché poi vennero i magiari, i peceneghi, i cumani, i rus, i vichinghi, e infine i mongoli, prima di Gengis Khan e poi di Tamerlano.
    Chi dice che le popolazioni non possano scomparire, e con esse tutta la loro cultura e il loro retaggio, dovrebbe chiederlo agli Illiri.

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