Immigrato sgozza la moglie a Terni e poi si suicida in carcere

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Doppietta.

Si è suicidato nel carcere di Terni l’uomo di 62 anni – Xhafer Uruci – fermato per avere ucciso la moglie cinquantaseienne giovedì in un’abitazione della stessa città colpendola con più coltellate al termine di una lite.

Lo ha appreso l’Ansa da fonti sindacali e investigative. L’uomo si sarebbe impiccato. Nella notte tra giovedì e venerdì era stato sottoposto a fermo dalla polizia con l’accusa di omicidio volontario. Era stato bloccato subito dopo il delitto nella stessa abitazione dove viveva la coppia di origini albanesi.

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Nelle prime ore della mattina, intorno alle 6,45, uno degli agenti che faceva un giro di controllo ha sentito un rumore e lo ha trovato impiccato. Vani sono stati i soccorsi. L’uomo si è impiccato utilizzando un lenzuolo; Xhafer Uruci era da solo in una cosiddetta “cella di transito”, una procedura prevista in attesa dell’udienza nella quale il gip doveva esaminare la richiesta di convalida di fermo. L’uomo aveva già incontrato lo psicologo del carcere. La cella nella quale si è ucciso, inoltre, è vicina all’infermeria del carcere.

«Zenepe da qualche mese viveva nel terrore. Si era confidata, aveva raccontato delle continue liti col marito che non voleva che uscisse di casa neppure per andare al lavoro. Quando l’ho vista con un occhio nero mi ha assicurato che lui non c’entrava, che aveva battuto su uno spigolo».L’amica del cuore oggi piange lacrime amare e si sente in colpa per non essere riuscita ad aiutare Zenepe. Che non poteva ricevere messaggi o telefonate “strane” sennò lui andava su tutte le furie. Guai a scambiare una battuta con i clienti della pescheria, col marito che spesso si aggirava nella zona con lo sguardo torvo per tenere sotto controllo ogni movimento di sua moglie. Che viveva per i figli e gli adorati nipoti e riusciva ad avere qualche ora di serenità solo quando era nella cucina della pescheria. Lei, che non poteva avere un profilo social, da anni viveva ingabbiata in una mentalità senza possibilità di fuga.Oggi chi l’ha amata si dispera per non averla aiutata a uscire da quel tunnel fatto di violenza e soprusi. Per non aver insistito perché lei denunciasse, per non essere stato in grado di indicarle che un’altra vita era possibile, che lei se la meritava un’altra vita.«Xhafer è mio marito. Devo rimanere con lui fino alla fine».Una frase che Zenepe ha pronunciato chissà quante volte agli amici più stretti prima di finire ammazzata come un cane nella casa della coppia.Un femminicidio annunciato quello di Zenepe Uruci, 56 anni festeggiati in famiglia domenica scorsa. Finita nella cucina di casa da Xhafer, 62 anni. Dopo l’ennesima lite lei prova a chiamare il figlio Diamant, che assiste in diretta telefonica ai colpi sferrati dal padre con un coltellaccio per tagliare la carne con la lama lunga trenta centimetri.La aggredisce alla spalle e poi parte con cinque fendenti in rapida sequenza inflitti tra il torace, la spalla e il collo. Col colpo letale che ha reciso la giugulare.Nella casa di via del Crociere, a Borgo Rivo, resta solo il sangue e il dolore inconsolabile dei figli che non si danno pace per non aver trovato il modo di sottrarre la madre alla cieca violenza per mano di chi l’avrebbe trattata come un oggetto di sua proprietà.Lui, Xhafer Uruci, 62 anni, le mani ancora insanguinate, viene caricato sull’auto della polizia e portato in questura. Negli uffici di via Antiochia resta per ore, quasi si stupisce delle tante domande e continua a ripetere di aver sbagliato.A mezzanotte e mezza varca la soglia del carcere di Sabbione con l’accusa di omicidio volontario aggravato e viene sistemato nella sezione destinata all’accoglienza. Nelle prossime ore l’interrogatorio di garanzia alla presenza dell’avvocato d’ufficio, Giorgio Cerquetti.Negli uffici della questura si scava nel passato della coppia albanese arrivata a Terni più di vent’anni fa. L’occhio nero, la paura di lei, le urla che i vicini raccontano di aver sentito tante volte ma nessun intervento delle forze dell’ordine nella casa dove Zenepe, cuoca della pescheria “L’isola che non c’è”, è stata sgozzata dal marito.Solo una sera che fu aggredita per strada intervennero i carabinieri. Era un anno fa. L’aveva picchiata in via del Rivo, le aveva lanciato via il telefonino e le aveva rotto una spalla.Nessuno della famiglia se l’era sentita di denunciarlo e portarlo di fronte a un giudice. Nessuno avrebbe immaginato che sarebbe finita nel sangue in un pomeriggio di fine marzo. Avvisaglie che oggi sono uno pugno allo stomaco.

Migrante sgozza donna a Terni e si suicida