Stuprata da immigrato nato in Italia durante adunata alpini

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«La sentenza d’Appello dedica pochissimo spazio all’esito delle analisi scientifiche sul maglione della minore: tre tracce alle quali hanno contribuito i due imputati (e la ragazza stessa). Nel caso in esame è stato particolarmente grave ed evidente il tipo di travisamento della prova perché l’errore sulla prova scientifica ha poi gravemente inficiato il ragionamento probatorio che risulta disancorato dalla realtà processuale».

Così, in un passaggio il Pg, Carlo Paolella, motiva il ricorso per Cassazione sull’assoluzione (in Appello) degli imputati per violenza sessuale di gruppo su una minorenne, (in primo grado erano stati condannati a 4 anni di reclusione ciascuno) nel corso dell’Adunata nazionale alpini del 2015.

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Si tratta di Danilo Ceci, oggi 35enne, nato a Parma e residente in provincia di Reggio Emilia, (assistito dall’avvocato Marilena Facente) e del venditore ambulante Semir Belhaj, coetaneo, nato e residente a Palermo, difeso dagli avvocati Luca Tirabassi e Daniele D’Amico entrambi del Foro di Sulmona. Consulenze alla mano il Pg ha evidenziato come «la ragazza (assistita dall’avvocato Simona Giannangeli) presenta gravi ed indiscutibili segni rivelatori di abuso sessuale». Dato probatorio di assoluto rilievo «in considerazione della minore età della ragazza e delle drammatiche conseguenze da lei subite; disturbo da stress post traumatico per la violenza subita».

Per Paolella la Corte non ha tenuto conto della testimonianza della mamma della giovane: «Si è spenta, fa la doccia vestita per cacciare via i brutti pensieri». I tagli poi sulle braccia spiegati dalla ragazza: «Ero in lutto per la mia anima, per quell’episodio». Sempre secondo il Pg, «la Corte ha eliminato dalla piattaforma probatoria, in un processo per stupro di gruppo, la drammatica storia clinica della stessa che prima dei fatti era un’adolescente studiosa e solare, sia pure con qualche disagio e insicurezza e dopo la violenza sessuale subita si è “spenta” dovendo convivere con le immagini del crimine subito, tanto che solo dopo un anno di indicibili sofferenze psichiche la ragazza inizierà a svelare lo sconvolgimento della propria vita». Un inizio del calvario della minore in un «drammatico percorso, un profondo e lacerante stato depressivo che emergeva da tante risultanze processuali, non soppesato dal Collegio che prende per oro colato le affermazioni dell’amica e degli imputati senza riuscire a dare plausibilità, razionalità e logicità alla motivazione». E proprio sull’amica della minore il Pg evidenzia «i contorni troppo incerti» del racconto. Per il Pg occorre rivolgersi ad un «giudice che soppesi le emergenze processuali con percorsi argomentativi che non siano inquinati neppure per un attimo da inconsci stereotipi culturali che oscurano le nette emergenze probatorie».